La seconda giornata del Ceo di Facebook a Washington DC è stata ancor più aggressiva della prima. Abbiamo avuto modo di rivedere le azioni di Facebook in passato, la situazione attuale e le strategie per il futuro. Ecco alcuni degli elementi fondamentali emersi dalla testimonianza di Mark Zuckerberg.
Zuckerberg ha perso i suoi dati: Il Ceo ha ammesso ad Anna Eshoo, democratica californiana, che sì, anche informazioni sul suo conto sono state vendute a Cambridge Analytica.
Diversi legislatori hanno interrogato Zuckerberg sulla censura di dati, soprattutto quelli pubblicati dai conservatori. “Non vi è assolutamente alcuna direttiva … per svolgere con pregiudizio le nostre attività. Al contrario, il nostro traguardo è essere una piattaforma che accolga tutte le idee”, ha detto Zuckerberg.
Doris Matsui, democratica della California, ha precisato come “saremo pure i legittimi proprietari dei nostri dati, ma cessiamo di esserlo nel momento in cui questi vengono utilizzati per la pubblicità”. Zuckerberg si è detto contrario all’idea, precisando che Facebook non ha venduto e non vende dati, nonostante Matsui asserisse che gli utenti dovrebbero essere proprietari anche delle inferenze tratte dai loro dati.
La rappresentante democratica Kathy Castor (Florida) ha pressato Zuckerberg sui vari metodi adottati da Facebook per raccogliere dati sia sui suoi utenti che sui non iscritti. In seguito, Ben Lujan, democratico del New Mexico, ha sottolineato come “le persone prive di un profilo su Facebook devono crearne uno” solo per scoprire quali dati sul loro conto sono in mano alla società. La democratica del Michigan Debbie Dingell ha reiterato la richiesta di ottenere dati su like, condivisioni e i codici di altri siti al di fuori di Facebook che potrebbero potenzialmente permettere di raccogliere persino i dati di persone non iscritte al social network.
Zuckerberg ha ribadito più volte che il 99 per cento dei contenuti terroristici pubblicati su Facebook viene rimosso prima ancora di essere segnalato dai suoi utenti. Ha precisato come un team di 200 persone sia dedicato a perseguire misure di controterrorismo (un incremento di 50 persone rispetto all’anno scorso), con la loro destrezza in 30 lingue differenti e strumenti di Artificial Intelligence a sostegno della loro attività.
Il rappresentante repubblicano del Nord Dakota Kevin Cramer ha invitato apertamente Facebook ad aprire un ufficio nel suo stato ed assumere revisori di contenuti a Bismarck, dove “le persone potrebbero essere più diverse rispetto ai dipendenti di Facebook”. Zuckerberg ha quindi enfatizzato il fatto che, “in realtà, la maggior parte dei nostri revisori di contenuti non opera dalla Silicon Valley”.
Mentre l’udienza era ancora in corso, Cambridge Analytica ha annunciato che il suo Ceo ad interim, Alexander Tayler, sarebbe tornato a ricoprire la sua posizione precedente di chief data officer. Tayler aveva ricoperto il ruolo di Ceo a seguito della sospensione di Alexander Nix il mese scorso.
Il business model probabilmente non cambierà: “È disposto a cambiare il suo business model per proteggere la privacy delle persone?” ha chiesto Ashoo. “Non sono sicuro di cosa intenda”, ha risposto Zuckerberg. Il giorno prima, però, Zuckerberg aveva dichiarato che “una versione gratuita di Facebook” sarebbe sempre esistita, alimentando l’ipotesi che la società stia pensando di offrire un servizio basato sulla registrazione a pagamento.
Una privacy serrata di default? Improbabile. Il membro del congresso Frank Pallone ha posto a Mark Zuckerberg una domanda chiara: “Cambierà tutte le impostazioni base nei profili per ridurre nel miglior modo possibile i dati degli utenti? Sì o no?” Zuckerberg non ha risposto.
E ora? Pallone ha concluso il procedimento sottolineando come molte udienze dello stesso genere portano a poche azioni. Ha però aggiunto che il caso di Cambridge Analytica “dimostra nuovamente che le nostre leggi non stanno funzionando” e che “abbiamo bisogno di leggi comprensive per la protezione della privacy e dei dati”. I legislatori hanno dimostrato di voler regolamentare Facebook. La grande domanda, ora, è che aspetto avranno le nuove leggi sulla privacy?
Jamie Condliffe e Erin Winick