È morto Otello Montanari, uno dei più importanti uomini della storia del Novecento nell’Emilia rossa in particolare nella sua Reggio: aveva 92 anni da compiere tra un mese ed è venuto a mancare dopo una lunga malattia. Esponente di spicco del Partito Comunista, la morte è sopraggiunta nella notte nella sua storica abitazione in Reggio Emilia: durante la Seconda Guerra Mondiale, Montanari era stato un partigiano convinto prima di essere riconosciuti tra i più valorosi che si batterono contro il nemico nazifascista; per quel motivo venne eletto e impegnato nel Pci dagli Anni Cinquanta fino agli Anni Settanta. Ma non fu solo politica, Montanari infatti tra le tante iniziative che diede vita nella sua memoria della Resistenza annovera anche il Primo Tricolore, la celebrazione della bandiera nazionale nata proprio a Reggio Emilia. Di tutto però, l’eredità più importante di questo vetero-comunista reggiano fu certamente l’aver riaperto le indagini sui delitti nell’immediato Dopoguerra avvenuti proprio in quelle zone dell’Emilia rossa. Il suo celeberrimo “chi sa parli” risvegliò nell’agosto del 1990 – tramite una lunga lettera al Resto del Carlino – le coscienze “sopite” negli atroci delitti compiuti anche dai partigiani e non solo dai fascisti in quegli anni di piena guerra civile (come ha più volte raccontato benissimo il giornalista Giampaolo Pansa).
IL MIRACOLO DI ROLANDO RIVI
In particolare, dopo quella lettera “clamorosa”, Montanari ottenne di fatto la riapertura delle indagini per gli omicidi mai risolti del “triangolo della morte” in Emilia, dimostrandosi un partigiano nostalgico ma comunque consapevole che non tutta la Resistenza fu “cosa buona”. Venne attaccato a parte dell’Anpi e dagli ex compagni del Pci, ma restò fedele a quell’appello e di fatto fece emergere testimonianze decisive a scagionare Germano Nicolini, il comandante Diavolo, ed Egidio Baraldi dall’accusa di aver ucciso Don Umberto Pessina e Ferdinando Mirotti. Non solo, quel suo “chi sa parli” diede possibilità di risolvere e scoprire un altro incredibile fatto “nascosto” di quell’epoca: il 13 aprile del 1945 un giovanissimo seminarista 14enne, Rolando Rivi, venne torturato e ucciso da un partigiano comunista anti-clericale. Tramite l’appello di Montanari, venne riaperto il caso d’omicidio del martire beatificato da Papa Francesco lo scorso 5 ottobre del 2013. Si arrivò ad appurare che il partigiano Corghi fu l’autore dell’efferato delitto e si arrivò anche, nei giorni nostri, alla richiesta di perdono della figlia (Meris Corghi) per quanto compiuto contro un innocente ragazzo di Dio. «Questo è il vero miracolo», ha commentato il vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca dopo la vittoria del perdono sul “caso” Rivi.