Dopo l’inchiesta del New York Times del dicembre 2017 sulla vendita di armi all’Arabia Saudita da parte di un’azienda con sede in Sardegna, la RWM Italia Spa (società sussidiaria della tedesca Rheinmetall), si riaccendono oggi i riflettori sulla delicata questione venuta alla ribalta già da qualche anno. Il motivo, come spiega Il Post, è da ricercare in una causa legale avviata da tre organizzazioni umanitarie contro funzionari del ministero degli Esteri italiano e l’azienda sarda sopra citata. L’accusa è quella di aver venduto armi all’Arabia Saudita, uno dei più potenti e ricchi Paesi del Medio Oriente, poi usate per bombardare lo Yemen. E così, l’organizzazione nostrana Rete italiana per il disarmo, la yemenita Mwatana Organization for Human Rights e la tedesca European Center for Constitutional and Human Rights, si sono rivolte alla procura di Roma con l’intento di denunciare l’attività della società Rheinmetall. Quest’ultima ha una società sussidiaria in Sardegna, la RWM appunto, al centro di diverse ricostruzioni giornalistiche secondo le quali avrebbe fatto affari vendendo armi ai sauditi. Al centro dell’azione legale avviata dalle tre organizzazioni ci sarebbero i bombardamenti in Yemen avvenuti l’8 ottobre 2016 e durante i quali furono uccise sei persone della medesima famiglia, tra cui quattro bambini.



L’INCHIESTA DEL DICEMBRE 2017

L’enorme inchiesta del New York Times dello scorso dicembre fece molto scalpore. A realizzarla fu Malachy Browne, lo stesso giornalista che già due anni prima aveva pubblicato un lungo articolo sul commercio di bombe italiane in Arabia Saudita. Secondo l’inchiesta, la società sarda avrebbe venduto ai sauditi un certo tipo di bombe impiegate contro i civili nella guerra in Yemen, dove l’Arabia Saudita è impegnata dal 2015 a sostegno dell’ex presidente Mansur Hadi. Secondo la legge italiana ed il diritto internazionale però, è vietato vendere armi ad un paese impegnato in un conflitto armato. A far sorgere dei leciti sospetti anche la crescita evidente del fatturato dell’azienda sarda che ha raddoppiato anche la sua forza lavoro e, secondo l’inchiesta giornalistica avrebbe ricevuto l’ok dal governo italiano a vendere bombe per quasi mezzo miliardo di euro. Attraverso un attento confronto, il giornalista sarebbe riuscito a tracciare diversi carichi partiti che dalla Sardegna sarebbero giunti nel principale porto saudita.

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