Alfie Evans non sa che c’è chi conta le ore e pregando spera ancora in un miracolo. Non sa di essere pietra d’inciampo, scandalo che separa la verità dalla menzogna, i giusti dagli ingiusti. Non sa di essere così prezioso e insieme così scomodo. La sua presenza infastidisce, perché obbliga a pensare, prendere posizione e c’è chi non vede l’ora che tutto finisca, che una pietra tombale aiuti a placare, dimenticare, andare avanti. 



Placare “estremismi fanatici”, perché così sono considerati i molti, ma ancora pochi, che scrivono, twittano, gridano perché la sua vita sia salvata, finche sarà vita; dimenticare questa storia che copre di nubi il luminoso e magistrale sistema giudiziario del Regno Unito, patria dei diritti e della democrazia. Non sia mai che si sfiori la crisi diplomatica, dato che l’Italia è entrata a piè fermo in questa storia con l’offerta generosa, e solo privata, di più accoglienze ospedaliere, con la presenza forte e determinata di tanti uomini e donne senza partito e senza strutture di sostegno. Manco una Ong, manco un corteo. 



Andare avanti perché scienza progresso e bla bla ci permettono vieppiù di sapere, e quindi di decidere. Non ci vuole granché di scienza a staccare il respiratore a un bambino, si fa prima con un pugnale nel cuore. Andare avanti vuol dire scantonare e accantonare, perché “non è l’unico bambino che soffre”, e fingere di commuovere per i molti fa miglior figura, paga di più.

E’ riprovevole paragonare Alfie ai bambini siriani vittime di una guerra assurda, è un inganno ridurre la difesa della sua vita alle esagerazioni di sparuti gruppi “cattolici”, leggasi bigotti, fuori del tempo, divisivi e non in linea con le sensibilità attuali della Chiesa. Ma papa Francesco ha parlato forte, chiaro, accompagnando le parole alla tenerezza, alla pietà e alle opere. Però si sa, il papa si ama citarlo quando sembra confermare quel che l’opinione dominante difende, antologizzando, attenuando, sottolineando al bisogno. Il resto, scompare. 



Eppure, l’agonia di questo bimbo mette la verità a nudo e i tentennamenti ipocriti o opportunistici con le spalle al muro. Vince la persona o la legge? La vita di un bambino può essere delegata ai giudici, inglesi ed europei, e soggetta alla loro visione del mondo? All’orgoglio ipertrofico della “nazione”?  442 a.C., Atene, Sofocle fa rappresentare l’Antigone. L’eroina della pietà, a fronte della legge mostruosa del tiranno, che lacera gli affetti. Poi, è venuto il cristianesimo. Fare i conti con le radici non significa aprire musei, ma illuminare il presente. Di chi siamo figli? Di un umanitarismo generico, che ha seminato la storia di morti, o di uno slancio ideale e poi di fede che salva l’umano e il suo unico irripetibile valore? 

Bisogna scegliere. Sfogliando i giornali in questo ormai lungo tempo di attesa per un bimbo che si ostina a non morire da solo, levandoci l’impiccio, vediamo che ogni giorno se ne occupano soltanto le testate cattoliche, in testa Avvenire. Sarà un caso? Troppo occupati a seguire il governo? Possibile che a nessuna corazzata mediatica interessi non tanto la vita di Alfie, lo struggimento dei suoi indomabili genitori, ma almeno che Idea dell’uomo e del mondo vogliamo muova le nostre decisioni politiche, la nostra ricerca scientifica, che idea venga trasmessa ai nostri figli, se mai ne saremo degni?