A Roma e non solo il caldo è già insostenibile al 23 di aprile e Papa Francesco ha pensato bene che per festeggiare al meglio il suo onomastico (oggi è San Giorgio e lui si chiama Jorge Mario) dei gelati potevano essere la migliore risposta al caldo già attanagliante in piena primavera. Ecco però non si tratta di 3-4 gelati da ingollare con i suoi collaboratori, bensì di 3mila gustosi “ice-cream” da condividere con i poveri e i senza tetto che ogni giorno affollano l’Elemosineria Apostolica Vaticana. Proprio così, un regalo agli altri come la tradizione della Chiesa di Cristo insegna: nel giorno di San Giorgio «Papa Francesco desidera festeggiare il suo onomastico insieme ai più bisognosi e ai senzatetto di Roma: pertanto l’Elemosineria Apostolica distribuirà 3.000 gelati alle persone che vengono quotidianamente accolte nelle mense, nei dormitori e nelle strutture della Capitale, gestite in gran parte dalla Caritas», lo rende noto questa mattina l’Elemosineria Apostolica Vaticana. Tra l’altro, non è certo la prima volta che il Pontefice decide di improvvisare con qualche regalo ai più bisognosi (oltre all’assistenza che giorno dopo giorno del tutto gratuitamente la Chiesa da duemila anni provvede senza sosta). Lo scorso gennaio 2mila poveri furono invitati allo spettacolo del circo Medrano: «perché abbiamo il diritto di godere della bellezza di cui tutti abbiamo bisogno», aveva commentato Papa Francesco.
REGINA COELI DI IERI, “OFFRIRE LA VITA PER LE PROPRIE PECORE”
Dal gelato alla vita: ieri durante il Regina Coeli, il Santo Padre ha commentato il Vangelo del giorno sul buon pastore spiegando come il Signore abbia a cuore da sempre il bene e la salvezza delle proprie pecore. «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11). Questa autopresentazione di Gesù non può essere ridotta a una suggestione emotiva, senza alcun effetto concreto! Gesù risana attraverso il suo essere pastore che dà la vita. Dando la sua vita per noi, Gesù dice a ciascuno: “la tua vita vale così tanto per me, che per salvarla do tutto me stesso”. È proprio questo offrire la sua vita che lo rende Pastore buono per eccellenza, Colui che risana, Colui che permette a noi di vivere una vita bella e feconda», spiegava ieri dal balcone di Piazza San Pietro. Il cristianesimo non si trasmette, non è una teoria intellettuale, una conoscenza intellettiva tra il Signore e il peccatore: nulla di tutto questo, il rapporto tra il buon Pastore e le sue pecore è «di una relazione personale, di predilezione, di tenerezza reciproca, riflesso della stessa relazione intima di amore tra Lui e il Padre. È questo l’atteggiamento attraverso il quale si realizza un rapporto vivo con Gesù: lasciarci conoscere da Lui. Non chiudersi in sé stessi, aprirsi al Signore, perché Lui mi conosca».