“I genitori del piccolo Alfie hanno il diritto di portare il loro bambino in Italia. Non capisco perché l’Inghilterra continui ad ostacolarli. Questo non vuol dire che stiano facendo la cosa giusta per Alfie, francamente non posso saperlo, ma uno Stato non può opporsi alla scelta di una famiglia che vuole portare all’estero un figlio, perché altrove forse c’è una speranza. Se esiste per Alfie in Italia un modo per morire con dolcezza, il Governo britannico sbaglia ad opporsi.” A proferire queste parole è Beppino Englaro, padre di Eluana, ragazza che per anni è stata, con la sua triste storia, simbolo della lotta per il diritto a ricorrere all’eutanasia in Italia. In un’intervista rilasciata a Repubblica, Englaro ha sottolineato come l’accanimento, nel caso del piccolo Alfie, sia nel non concedere una scelta su come eventualmente permettere al bimbo di finire i suoi giorni, con l’alternativa del Bambin Gesù di Roma ormai a portata di mano. (agg. di Fabio Belli)
BIMBO CONDANNATO?
«Non vedo alcuna base per affermare che l’altro giudice si sia sbagliato»: in questo modo il giudice della Corte d’Appello ha appena respinto il ricorso, l’ultimo disperato tentativo, dei genitori di Alfie Evans. Nonostante la stabilità, nonostante il fatto che il bimbo sia ancora attaccato ad ossigeno e nutrizione, la scelta dei giudici è stata quella di non concedere la possibilità di un viaggio in Italia che pure continua a dirsi disponibile ad accogliere per particolari cure palliative e possibili (anche se con ridotte possibilità di riuscita) trattamenti sperimentali. Nulla di tutto questo: e ora? Alfie sembra essere così di nuovo, una settimana dopo, condannato alla morte in quell’ospedale. I medici dell’ospedale di Liverpool devono ancora decidere se permettere alla famiglia Evans almeno di andare a casa per accompagnare Alfie nei suoi ultimi momenti di vita, ma hanno detto «dobbiamo prenderci qualche giorno per decidere».
UNA POSSIBILE VIA D’USCITA
Una possibile, anche se complicata, via d’uscita viene proposta dal Centro Studi Rosario Livatino – un gruppo di magistrati, docenti universitari e avvocati – e ha come diretto interlocutore il Governo italiano. «se il Regno Unito non intende garantire tale mantenimento, Alfie – attraverso i suoi genitori – ha il diritto di recarsi altrove, e in particolare nello Stato di cui è diventato cittadino per fruire del trattamento. Lo tutelano in tal senso gli articoli 2 della Convenzione EDU, 56 del Trattato sul funzionamento dell’UE, 2 13 e 32 della Costituzione; né Alfie né i suoi genitori hanno commesso reati per i quali possa loro essere interdetta con atto del giudice alcuna libertà, e in particolare la libertà di circolazione». Secondo il Centro Studi molto vicino alle tematiche della difesa della vita contro ogni sopruso e attacco, se il Governo vuole fare valere fino in fondo l’interesse per la vita di Alfie può «ricorrere con urgenza alla Corte di Giustizia europea: la cui pronuncia nel caso specifico potrebbe salvare la vita ad Alfie evitando diatribe diplomatiche fra Stati amici. Tutti gli italiani di buon senso vorrebbero estendere l’apprezzamento sincero manifestato sul punto verso il Governo italiano al raggiungimento dell’obiettivo di far vivere un bambino».
TOM EVANS, “NON È VERO CHE STA MORENDO”
Il padre di Alfie Evans, con un video registrato e mandato all’avvocato per poter essere mostrato durante l’udienza all’Alta Corte, risponde duramente contro le parole del giudice McFarlane che aveva detto in precedenza come il piccolo bimbo fosse vicino alla morte. «Niente sonno per tre giorni, solo torture e privazioni. Il nostro bambino continua a lottare senza sofferenza o segni di dolore»: minaccia di fare causa ai medici dell’ospedale di Liverpool e poi rilancia sulle ultime condizioni di salute del piccolo Alfie, «In queste ore si è verificato un cambiamento significativo di circostanze come conseguenza del distacco dei macchinari salvavita ma Alfie respira ancora. Non può restare prigioniero e bloccato da un verdetto emesso originariamente tre mesi fa. Per lui c’è una fantastica alternativa di assistenza disponibile», spiega l’avvocato della famiglia Evans. Difficili da commentare invece le parole della giudice King (assieme a Mcfarland e Coulson nel triumvirato dell’Alta Corte britannica) che davanti alla corte spiega «C’è un consenso generale che Alfie ormai stia morendo. Probabilmente non soffre, ma tragicamente tutto ciò che potrebbe dargli un apprezzamento della vita, anche una carezza di sua madre, è irrevocabilmente distrutto». Un altro passaggio, ancora più inquietante, vede l’avvocato della famiglia di Alfie riferire come «le leggi europee danno il permesso ai genitori di portare il bimbo in Italia», con la risposta dei giudici che invece “spiazza’ ancora una volta: «ma non è nel miglior interesse di Alfie». Come dire, la legge va oltre la stessa legge per “garantire” la qualità di una vita in pratica dando la morte: questo è quello che sta succedendo, al netto di ogni posizione o “parte” che si può prendere nella complessissima vicenda di Alfie Evans.
PADRE CONTRO I MEDICI, “È UNA COSPIRAZIONE OMICIDA”
Aprendo la nuova e forse ultima udienza dell’Alta Corte britannica sul caso Alfie Evans, il giudice inglese ha esclamato «il bimbo sta morendo», come a dire che è inutile porre trasferimento, ulteriori battaglie sulla piccola vita malata della terribile epilessia mioclonica progressiva. I genitori in questa ultima udienza d’appello chiedono la possibilità di poter portare invece in Italia – che si è resa disponibile in ogni modo in questi giorni – per poter provare a dare un’ultima scelta e possibilità ad un bimbo piccolo e così indifeso. È ancora in corso l’udienza ma si preannuncia assai complicata visto che in seconda battuta i giudici hanno stabilito che il Governo italiano e il Vaticano «non hanno e non devono avere alcuna giurisdizione nel caso di Alfie Evans», anche se così non tengono conto del fatto che giuridicamente quel bambino è ora anche italiano per effetto del Consiglio dei Ministri di ieri. «Il bimbo comincia a essere in difficoltà e ha bisogno urgente d’assistenza», ha fatto sapere l’avvocato che rappresenta la madre di fronte alla Corte d’Appello. Il legale che invece rappresenta il padre Tom Evans – entrambi i genitori ovviamente non si staccano un secondo dall’assistere il piccolo figlioletto in ospedale Alder Hey a Liverpool – ha attaccato i medici della struttura inglese, accusandoli di «cospirazione finalizzata all’omicidio del figlio», e fa sapere di aver già preso contatti con investigatori privati per poter istruire il caso. Insomma, il caso continua ma le condizioni del piccolo Alfie peggiorano – a detta della Corte inglese – dopo che questo pomeriggio, 36ore dopo il distacco dei macchinari – è stato ripristinato il nutrimento assistito (ieri invece erano stati rimessi ossigeno e acqua).
LA VICINANZA DELLA CHIESA
Un dato rilevante, se non centrale, è che il destino ha voluto che dopo aver staccato i macchinari per far concludere la vita di Alfie «nel suo migliore interesse» (questo, forse, il paradosso tremendo più grave, ndr) egli è rimasto in vita. Ha respirato per ore, con l’aiuto del bocca a bocca dei genitori, ma ha respirato: non parla, non si lamenta ma continua a vivere “testardamente”, quasi a voler dimostrare ai medici e giudici inglesi che la realtà (a volte) vale più della decisione che si può avere su di essa. La vicinanza della Chiesa in questo senso è importante e decisiva per la giovane famiglia Evans: le battaglie di Tom e Katie sono arrivate fino al Papa in Vaticano che ha di fatto sollevato il caso internazionale con continui appelli e appoggi al piccolo Alfie. Prima l’ospedale Bambin Gesù, poi il Gaslini di Genova, poi il governo italiano concedendo la cittadinanza, tutti si stanno adoperando per poter aiutare e dare un’ultima occasione di vita a quel bimbo che continuando a respirare sembra quasi gridare ai quattro venti la sua volontà di bene, realtà e vita. Intervistato da Tv2000 oggi il sacerdote italiano (don Giuseppe Brusco) che da tempo segue da vicino la famiglia Evans dopo i vari appelli pro-vita lanciati dai genitori Tom e Katie ha fatto sapere, «Quando è stato disintubato praticamente Alfie doveva morire. Avevano 6 ore di tempo nel sistema inglese per farlo morire. E lui non è morto. Per questo sono stati obbligati a ridargli l’alimentazione e l’acqua. Ora Alfie sta lì, sta bene ma è debole poiché non è stato abituato a respirare da solo per vari mesi perchè attaccato al respiratore artificiale. Si sta riallenando a respirare». Tutti lottano per Alfie, ma è soprattutto Alfie che lotta e fa affermare la realtà prima di ogni altra cosa: la speranza è che in ultima analisi i giudici inglesi se ne accorgano e possano concedere un tentativo per un bambino finora confinato nella struttura inglese senza possibilità di poter uscire.