Sono due i retroscena più interessanti “riportati” oggi su Repubblica e il Tempo riguardo la situazione del Governo, o del presunto tale dato che dal 4 marzo ancora latita una vera maggioranza nel Paese. Di Maio ha scritto sì una lettera di apertura al Partito Democratico con tutti i punti in comune dei programmi, ma avrebbe anche confidato ad alcuni suoi sostenitori in Sicilia che avrebbe di gran lunga preferito la Lega di Salvini come partner d’accordo: «con la Lega sarebbe preferibile, visto che del Pd fidarsi forse è troppo: purtroppo quelli lì li conosciamo bene, li conosciamo da troppo tempo», avrebbe detto il leader M5s mentre si trovava in aeroporto ed era in ascolto (a sua insaputa) un cronista di Repubblica. In questo senso, si “collega” quanto detto dal “re dei rumors” politici qual’è Luigi Bisignani: nel suo ultimo editoriale su Il Tempo viene presentato il “piano B” di Salvini e Di Maio che sarebbe già messo sottochiave da settimane, con il leader del Carroccio che spinge così per la “speranza” Renzi che farebbe naufragare il progetto di accordo tra Pd e M5s.



«I due leader del Movimento 5 Stelle e della Lega, appena tutti i tentativi per formare una maggioranza saranno naufragati, sono d’accordo per fare un passo indietro e dar vita ad un governo del Presidente guidato da Sabino Cassese che porti ad elezioni anticipate in autunno», scrive Bisignani. L’obiettivo dei due giovani leader è quello di far affondare tanto Renzi quanto Berlusconi, andando a braccetto per cambiare definitivamente la legge elettorale; «Puntano sul grande vantaggio del voto ad ottobre, prima della legge di bilancio, così che entrambi non smentiranno i loro programmi elettorali». Non solo, secondo Bisignani sia Di Maio che Salvini rinunceranno a fare i premier e accetterebbero di buon grado un Presidente suggerito dal Capo dello Stato «che non otterrebbe la fiducia ma che, a differenza del modesto esecutivo Gentiloni, rappresenterebbe più fedelmente le Camere uscite dal voto di marzo. Al Quirinale piace molto Sabino Cassese». (agg. di Niccolò Magnani)



CALENDA, “GOVERNO ISTITUZIONALE”

Nello scontro politico della domenica si inserisce anche Carlo Calenda, il ministro dello Sviluppo Economico e tra i più influenti “neo-entrati” nel Partito Democratico: nella Direzione dem di giovedì prossimo porterà una proposta che oggi negli studi di “In 1/2 in più” da Lucia Annunziata ha di fatto anticipato. «È chiaro che in tutti i programmi ci sono cose che possono essere messe insieme, ma la verità è che c’è una diversità fortissima tra M5S e Pd» e cita i casi dell’Ilva e della Tap (entrambi in Puglia) come impossibilità di trovare un vero accordo con i grillini. «Come si fa a stare insieme se la quotidianità del governo poi diventa un conflitto continuo? E quanto bene questo fa al Paese? Io credo che è quello di cui il Paese non ha bisogno”, ha proseguito il ministro, «Questo non vuol dire che non bisogna sedersi, bisogna sedersi sempre con tutti in politica. Bisogna sedersi una proposta che non può essere quella di fare la ruota di scorta di un governo di Di Maio». Insomma, linea molto vicina a quella di Renzi anche se differisce nell’esito finale: secondo l’ex segretario l’ipotesi è tornare alle urne, mentre per Calenda bisogna arrivare ad un Governo istituzionale guidato “a distanza” da Mattarella, «proporrei al Movimento 5 Stelle un governo istituzionale, con obiettivi condivisi e che metta mano a cose che sono interesse di tutti. Nessuno ha vinto e dovrebbero fare tutti un passo indietro. Serve un governo pieno ma si può fare un passaggio intermedio, visto che né Salvini né Di Maio hanno mai governato», conclude il ministro dem. (agg. di Niccolò Magnani)



SALVINI, “NOI NON CAMBIAMO I PROGRAMMI”

Non poteva mancare il commento dell’ultimo leader (in ordine di tempo) intervenuto dopo la lettera di Di Maio al Corriere della Sera: prima la risposta di Renzi su Repubblica, poi le dichiarazioni di Berlusconi e ora su Twitter il leader del Centrodestra tira le orecchie ai grillini e al Pd, «noi i programmi non li cambiamo in corsa. Abolire l’infame legge Fornero sarà la nostra priorità, voglio andare al governo con chi ci darà una mano per fare, per realizzare il programma premiato dagli elettori. Gli italiani meritano rispetto, altro che governo col Pd». Insomma, una bella reprimenda per chi comunque ritiene ancora aperta la porta a Di Maio e al gruppo dei 5Stelle; poco prima il segretario dimissionario del Pd aveva fatto sapere a Repubblica che «Se quelli che hanno preso il 37% vanno all’opposizione e noi con il 18 andiamo al governo, gli italiani si chiederanno a cosa serve votare. Ecco, questo io non me lo voglio sentire dire». Detto questo, Renzi non pone veti sugli incontri con i Pentestellati e aggiunge, « Nessuno dice che non ci può essere un incontro, se perfino Kim e Moon si vedono al confine tra le due Coree, volete che non si parlino i democratici e i grillini?[…] Incontriamoci pure, ma non possiamo votare Di Maio. Questo mai», conclude Renzi. (agg. di Niccolò Magnani)

BERLUSCONI SI FA AVANTI

Nell’apparente fallimento del tentativo di formare un governo M5S-Pd come richiesto dal presidente della Repubblica, si inserisce Silvio Berlusconi. L’ex senatore forzista invoca un governo di centrodestra di minoranza, che, in Europa, dice, non sarebbe una novità, “solo in Italia sembra una cosa strana” dice. Un governo, spiega, “che va in parlamento a chiedere il consenso o almeno l’astensione delle altre forze politiche o dei singoli parlamentari”. Ma il leader forzista dice anche che ormai vede poche speranze per evitare il ritorno al voto. Come si sa, Di Maio ha presentato ai democratici alcuni punti in comune, lavoro, povertà, immigrazione tasse, in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera. Si è detto fiducioso, “perché sulla carta – la carta dei programmi – ci sono tanti punti di convergenza che vanno nella direzione di soddisfare le esigenze dei cittadini, nostro unico interesse”. Ma Renzi resta sulle sue posizioni: un no secco. “Sarebbe prendere in giro gli lettori, ha commentato (agg. Paolo Vites)

RENZI CHIUDE AL M5S

Luigi Di Maio ha provato a tendere l’amo ma Matteo Renzi, al momento non ci sta neanche un po’ a rimanere impigliato nella rete del M5s: dopo la lettera al Corriere, in realtà indirizzata al Partito Democratico e ai suoi elettori, l’ex premier dem getta la maschera e svela la sua posizione che terrà in Direzione Nazionale il prossimo 3 maggio (non che non si fosse già capita da mesi, ndr). In un retroscena di Claudio Tito su Repubblica, Renzi affermerebbe tutta la sua opposizione ad un accordo con il Movimento 5 Stelle: «Ma come è possibile che dopo aver condotto una campagna elettorale solo per mandare a casa il Pd e me, ora ci vengano a chiedere i voti per il governo? Non c’è un briciolo di coerenza in tutto questo», afferma il segretario dimissionario dei dem, prima di aggiungere che un accordo del genere sarebbe una «sostanziale presa in giro per tutti i nostri elettori», ma non solo visto che gli stessi votanti del M5s hanno scelto Di Maio proprio per non andare alle urne a votare Pd e Renzi. Per il leader grillino invece lo spazio di manovra c’è e punta sulla restante parte della Direzione dem che si trova su posizioni opposte a Renzi e potrebbe fare uno “sgambetto” al suo ex segretario accettando il contratto di governo con i Cinque Stelle. «Una delle funzioni del Movimento è proprio questa. I programmi per noi valgono nel momento in cui si dimostra di volerli realizzare». (agg. di Niccolò Magnani)

DI MAIO, APPELLO AL PD

Scrive una lettera al Corriere della Sera, il leader del Movimento 5 Stelle, Di Maio, e lo fa per rendere pubblici i tanti punti in comune fra il programma del proprio partito, e quello dei Democratici. A discapito di quanto possa pensare l’opinione pubblica, sono diverse le tematiche sui cui i due schieramenti convergono: «Sono fiducioso – scrive Di Maio al CorSera – perché sulla carta, la carta dei programmi, ci sono tanti punti di convergenza che vanno nella direzione di soddisfare le esigenze dei cittadini, nostro unico interesse». Quindi il pentastellato inizia a snocciolare ciò che accomuna i due partiti: «Ad esempio se si parla di Europa si parla di immigrazione. In comune c’e’ la revisione del Regolamento di Dublino e l’equa ripartizione dei migranti tra tutti i Paesi dell’Unione Europea».

“LA POLITICA DIMOSTRI I FATTI E NON LE PAROLE”

«C’è la comune volontà – ha proseguito Di Maio – di aumentare le risorse per la cyber security e l’assunzione immediata di 10.000 nuovi agenti nelle forze dell’ordine». Anche sul fronte delle tasse il fine di M5S e Pd, è lo stesso, così come sul tema della giustizia: «Entrambi vogliamo semplificare e ridurre i tempi dei processi attraverso l’applicazione del rito del lavoro e investendo nella digitalizzazione anche in ambito penale». Insomma, secondo il leader del Movimento, questo è il momento di mettere alla prova la politica, «affinché dimostri che non si tratta solo di parole, ma di obiettivi concreti che si possono tradurre in fatti». L’intesa fra i due schieramenti resta comunque molto complessa, anche perché nel PD vi sarebbe una forte ala, quella di stampo renziana, contraria appunto al M5S.