È la prima volta che accade in Italia e potrebbe avere un impatto potenzialmente clamoroso nei prossimi possibili casi del genere da qui in avanti: quanto stabilito dal Tribunale di Milano sul caso di un pedofilo recidivo vede per la prima volta una condanna alle cure mediche obbligatorie. «Il carcere sul piano rieducativo non ha prodotto alcun effetto e tenuto conto della sistematica ricaduta nel comportamento illecito, connessa ad un disturbo della sessualità non controllabile, al detenuto serve anche un percorso di cure per limitare le pulsioni sessuali»: la decisione con motivazione della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto per questo motivo una ingiunzione terapeutica per un 52enne arrestato nel 2004 per una violenza ai danni di una bambina. Dopo la condanna e lo sconto della pena era tornato libero ma finì poi di nuovo in carcere per abusi su altre due bimbe nel 2016: è di fatto ancora detenuto al momento, condannato a 4 anni e 4 mesi di carcere anche per la recidività del gesto. Ora però la decisione del Tribunale rischia di cambiare le carte in tavole in molti casi similari passati o futuri: il collegio ha dato oggi atto al consenso manifestato dall’uomo di poter essere curato in una struttura con programma clinico-terapeutico.



IL PIANO TRATTAMENTALE DEL TRIBUNALE

La “strana condanna” vedrà il 52enne, affetto anche da leggero ritardo mentale, ricoverato nel CIPM (Centro italiano per la promozione della mediazione) diretto dal criminologo Paolo Giulini per un programma specifico clinico-terapeutico. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera questa mattina, i giudici del Tribunale di Sorveglianza milanese hanno disposto anche le consuete classiche misure di restrizione qualora il pedofilo recidivo uscirà dal carcere di Pavia dove è attualmente detenuto: sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per due anni, con divieto di frequentate scuole, asili, parchi e altri luoghi con presenza di minori e bambini. La perizia con la quale era stato condannato la seconda volta, recitava «patologico discontrollo degli impulsi sessuali, le cui tendenze deviate il soggetto non sempre riesce a fare a meno di assecondare». Ora però la decisione presa dai giudici e proposta alla Questura di Milano vede la prescrizione del tutto atipica di un «un piano trattamentale che lo porti, attraverso indicazioni di tipo clinico-terapeutico realizzate dagli esperti del Cipm, a prendere coscienza del forte disvalore delle condotte violente in una prospettiva di contenimento degli impulsi sessuali». Dove il carcere ha fallito là inizia l’opera delle strutture mediche: siamo certi che un caso del genere farà discutere ancora molto e non si “chiuderà” certo solo con questa condanna per l’appunto atipica.

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