La tragedia sull’Himalaya che ha travolto il giovane ma esperto alpinista mantovano, non è ovviamente la prima e nemmeno l’ultima grave caduta sui monti più alti del mondo: in primavera in particolare, il Nepal si tinge spesso di sangue versato “per amore della montagna” con tragedie purtroppo all’ordine se non proprio del giorno quantomeno della stagione. Con le temperature più miti e i venti meno improvvisi, questa in realtà è la stagione perfetta per provare a scalare le incredibili cime dell’Himalaya e ogni anno sono centinaia gli esperti alpinisti che provano a cimentarsi con vette del genere. Solo quest’anno il governo del Nepal ha rilasciato permessi a 792 scalatori per tentare di salire su 26 montagne, per il periodo compreso fra aprile e maggio: di queste, quasi la metà (346) sono per l’Everest: Simone La Terra aveva già compiuto numerose scalate tra Tibet, Pakistan e Nepal prima dell’ultimo, tremendo, viaggio concluso con la tragica attraversata del Dhaulagiri. (agg. di Niccolò Magnani)
STAVA SCALANDO IL DHAULAGIRI
Stava scalando il Dhaulagiri, la settima montagna più alta del mondo, quando è avvenuta la tragedia: Simone La Terra è morto. Il corpo dell’alpinista è stato portato al Tribhuvan University Teaching Hospital di Kathmandu. La scomparsa dell’alpinista ha colpito il mondo dell’alpinismo lombardo e italiano tutto: era considerato infatti un esperto delle alte cime. La Terra, che avrebbe compiuto 37 anni la prossima settimana, era un alpinista di primissimo livello e vantava già la conquista di cinque 8.000: Shisha Pangma, Broad Peak, Gasherbrum II, Cho Oyu e Manaslu. La Torre era già salito sullo stesso Dhaulagiri: dopo i 7.000 si era dovuto fermare a causa delle avverse condizioni meteorologiche. «Oltre agli innumerevoli tentativi in Himalaya e alle 5 vette oltre gli 8000 metri raggiunte sempre senza ossigeno e senza portatori d’alta quota, sulle montagne di casa trovo il luogo ideale per le mie scalate di allenamento», aveva scritto sul suo sito. (agg. di Silvana Palazzo)
SIMONE LA TORRE, ALPINISTA ITALIANO MORTO IN NEPAL
L’alpinista italiano Simone La Terra è morto in Nepal mentre scalava il Dhaulagiri, una delle vette dell’Himalaya. La montagna che tanto amava lo ha ucciso. A rivelarlo Himalayan Times. L’alpinista era scomparso da domenica mattina. Il corpo è stato recuperato senza vita da una squadra di soccorritori a 6.100 metri di quota, mentre – scrive il giornale nepalese – la tenda è stata trovata spazzata via dal vento. Il cadavere è stato inviato a Kathamandu per l’autopsia. La Torre era originario di Castiglione delle Stiviere, nel Mantovano. L’alpinista faceva parte di una spedizione di 15 membri che stava provando a raggiungere la cima a 8.617 metri. Del resto da aprile a maggio centinaia di scalatori provano a scalare l’Everest e altre vette himalayane. «Lo scalatore è scomparso venerdì dopo che un forte vento ha spazzato via la sua tenda», ha spiegato l’organizzatrice della spedizione Damber Parajuli di Prestige Adventure.
TRAGEDIA SU UNA DELLE VETTE DELL’HIMALAYA
Simone La Torre era un appassionato di montagne ed esperto scalatore. Sul suo blog l’alpinista aveva raccolto le storie delle sue scalate in giro per il mondo. Da Islamabad a Skardu, passando per Askole. Conosceva bene la montagna e i suoi rischi, infatti in alcune spedizioni raccontava di campi base difficili e di viaggi a cui aveva rinunciato proprio per le condizioni avverse. «Non bisogna ignorare i segnali che ci sono dentro e intorno a noi. Le montagne restano, le troverò qui alla prossima occasione», scriveva La Torre. E proprio quelle montagne lo hanno tradito. Sui social tanti messaggi di dolore per la sua morte: «Non ci posso credere – scrive un amico – avremmo dovuto scalare di nuovo insieme in Pakistan questa estate. Ci saremmo incontrati, sorriso, abbracciati e stappato una birra, e poi avremmo iniziato a parlare di montagne e delle tue avventure appena passate sul Dhaulagiri. Mi mancherai pazzo sbruffone imprevedibile amico mio».