Alessandro Tolla, un uomo di 42 anni che lavorava nel campo assicurativo, ha tentato di sgozzare la moglie e poi si è suicidato lanciandosi dal terzo piano della casa dove abitava. I motivi di questa tragedia sembrano sconosciuti: pare sia stato solo l’epilogo di una violenta lite. Ennesima vicenda di violenza domestica. Ennesimo copione, tragicamente ripetitivo, in cui una storia che era cominciata all’insegna dell’amore si conclude in un bagno di sangue: lui schiantato sul tetto del garage, lei ricoverata con un codice rosso.
Maria Giuliano, la vittima ormai vedova, è stata trovata col volto tumefatto e un taglio sulla gola: una violenza animalesca che esprime rabbia come se la compagna dovesse essere una proprietà che si stava smarrendo, una donna la cui libertà stava diventando per il marito una minaccia, un affronto di lesa maestà che non si poteva tollerare.
Le indagini diranno se dietro il delitto c’è un movente terribile. E se invece ci fosse solo il nulla? Se non ci fossero un tradimento, una questione di denaro, ma solo il piccolo fastidio per un utensile mal riposto, l’ira per l’ennesima parola sbagliata, un apprezzamento verso la suocera che faceva trasparire stanchezza e malumore? Sarebbe così incredibile se dietro alla tragedia di un omicidio fallito e di un suicidio riuscito ci fosse qualcosa di apparentemente del tutto sproporzionato? Eppure chi di noi non conosce amori che terminano — non in un delitto, grazie al cielo — senza motivo? L’errore, pensa qualcuno, è che pretendiamo troppo dalle nostro relazioni. Per costoro frasi come “non ti lascerò mai”, “sarò con te per sempre”, sarebbero eccessive e non andrebbero mai dette. Esse, dicono costoro, nascondono il desiderio di un’onnipotenza di presenza che nessuno poi è in grado di mantenere e che quindi si traducono puntualmente in dolori enormi che rischiano di sfociare in tradimenti, follie, violenze cieche.
Ma ad ascoltare costoro non si diventa solo cinici: peggio, si diventa non umani. Perché l’uomo è uomo solo se cerca di essere “più che uomo”. La strada per vivere, anzi, è proprio quella dell’amore. Le frasi dell’amore, quelle che ho virgolettato prima, vanno dette e ripetute ma ad esse va aggiunta la possibilità di riconoscersi vulnerabili. Anzi, di riconoscere che l’altro, la persona che vorrebbe amarmi, ha detto che mi ama ma non ce la farà. Il suo desiderio è vulnerato, ferito. L’amore non solo è possibile, è necessario: ma è vulnerabile. E questa vulnerabilità può essere portata solo dalle spalle dell’altro. Io prima dico sinceramente ad una persona che la amo e poi magari scopro che no, non è così. A quel punto sono in primo luogo io ad essere ferito da questo venir meno e se tale inadempienza mi viene rinfacciata, se vengo deriso, può essere che impazzisca. E l’evento scatenante può essere piccolo ed insignificante: essermi dimenticato l’onomastico della suocera. Diciamoci quindi, davvero, “non ti lascerò mai”, sapendo che non manterremo, con tutta probabilità, quel desiderio disumano. Ma se nel momento dell’inadempienza, della sconfitta, incontreremo chi ci perdona, riusciremo a ripartire. E prima o poi anche l’altro ripartirà con noi.