Due morti ammazzati con fredda determinazione, un ferito e il killer che si suicida. Si è concluso così, nel rapido volgere di un paio d’ore, il tentativo del sessantaduenne pregiudicato Cosimo Balsamo, di rimettere in equilibrio — dal suo punto di vista — la bilancia della giustizia, pareggiando i conti con vecchi complici.



E’ successo ieri nel Bresciano. L’uomo, armato di fucile a pompa, una cartucciera in vita e diverse pistole, ha prima raggiunto la PG Metalli di Lero, ha atteso e ucciso con un colpo di fucile il titolare Elio Pellizzari, 78 anni, gridandogli “Mi hai rovinato” e ferito un altro, Giampiero Alberti. Poi ha raggiunto in auto (rubata) Carpeneda di Vobarno, dove ha freddato un altro imprenditore, James Nolli. Forse avrebbe voluto ucciderne altri ancora: è probabile. Sta di fatto che, beccato dai carabinieri nel parcheggio di un supermercato di Azzano Mella, ha rivolto il fucile contro di sé e l’ha fatta finita.



Cosimo Balsamo era un delinquente: membro della banda dei Tir che all’inizio degli anni 2000 imperversava con furti e rapine ai carichi di ferro e di rame. Un delinquente che si sentiva vittima di una ingiustizia, compiuta, a suo modo di vedere, dalla giustizia: nel 2007 era stato condannato, coi compari, per associazione a delinquere e furto. E fin qui sta bene. Ma poi anche per ricettazione, lui e non gli altri. E questa non gli era andata giù. La dea bendata aveva barato usando due pesi e due misure. Lui s’era preso il colpo di spada della Dike, ma le colpe degli altri non erano state messe sul piatto della bilancia. Così gli avevano pure sequestrato la casa. Lui prima ha messo pallottole minatorie nel cestino della bici del giudice, poi ha inscenato una protesta sulla tettoia del tribunale. Non avendo ottenuto la revisione del processo, ha perso lucidamente la testa e ha scelto le più drastiche e ingiuste vie brevi. Con la dinamica e l’esito che si è detto. Sì, perché tutte le vittime erano in qualche modo coinvolte con lui nell’affare dei Tir. E del furto di metalli e di rame (che uno crede sempre sia opera degli zingari).



Perché così è la giustizia che pretendiamo di farci pareggiando i conti: buttiamo ognuno sul piatto della bilancia il peso della nostra violenza giustiziera innescando una spirale che aggiunge male a male, scassa la bilancia e non ripara a nessuno il torto subìto.

Perché tutti un torto pensiamo di subirlo e probabilmente lo subiamo davvero. Onesti e delinquenti. Ma la bilancia è un imbroglio, o come minimo un’illusione. Che distrugge la vita.