La pagina Facebook di Butac.it, il sito antibufale che da alcune ore è stato sottoposto a sequestro preventivo e per questo reso irraggiungibile, è intervenuta in questi minuti per fare chiarezza e spiegare cosa sta succedendo. “Abbiamo ricevuto una querela per diffamazione per un articolo pubblicato su BUTAC nel 2015 da parte di un medico iscritto all’Ordine Nazionale dei Medici”, ha spiegato lo staff intervenendo sul proprio account Facebook che conta quasi 130 mila “mi piace”. “Stiamo lavorando con i nostri avvocati per il dissequestro. Abbiamo fiducia nelle istituzioni con cui abbiamo più volte collaborato quando richiesto”, ha aggiunto, esprimendo quindi un certo ottimismo ma chiedendo al tempo stesso ai propri utenti di portare pazienza e comprendere la situazione. Tanti i commenti di solidarietà da parte degli utenti che nello spazio riservato ai commenti hanno espresso grande solidarietà e sconcerto. Qualche voce discordante è comunque emersa, come l’utente che ha commentato con un: ” Ne sono felice. Spero vi chiudano. Faziosi”. Altri, di contro, hanno già inaugurato un nuovo #Jesuisbutac. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
SOLIDARIETÀ DA ENRICO MENTANA
Il sequestro preventivo deciso da parte della Procura di Bologna ed eseguito dalla Polizia Postale di Bologna a carico del sito Butac.it (Bufale Tanto al Chilo), specializzato da anni nello smontare le cosiddette “bufale” del web e le fake news sta destando molta indignazione non solo per le motivazioni che sono alla base delle decisione ma anche per quella che si configura come una sorta di attentato contro la libertà di espressione. Come è noto, il sequestro è stato deciso a seguito di una querela per diffamazione presentata due anni e mezzo fa da un oncologo che promuoveva metodi terapeutici privi di alcun fondamento scientifico. Eppure, nonostante Butac avesse smascherato l’infondatezza delle pratiche basate sulla medicina olistica del suddetto oncologo, a farne le spese per via di un articolo apparso sul sito è stato lo stesso fondatore, Michelangelo Coltelli. Tuttavia, oltre alla solidarietà ricevuta sui social network da parte dei lettori abituali del suo portale, anche illustri nomi della carta stampata e del giornalismo hanno preso posizione in suo favore: in particolare, Enrico Mentana (molto attivo su Facebook) ha parlato di una “misura molto grave, quasi da censura fascista” e che sarebbe ancora più grave se, come ha concluso il direttore del Tg di La7, il provvedimento è stato davvero adottato a seguito della denuncia del suddetto medico che proponeva terapie oncologiche olistiche. (agg. R. G. Flore)
“OSCURATO” IL SITO ANTI-BUFALE
Il sito Butac.it (BufaleUnTantoAlChilo) non è più raggiungibile dalle 10 di oggi, venerdì 6 aprile 2018, perché è stato sottoposto a sequestro preventivo da parte della procura di Bologna. L’operazione è stata svolta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni per l’Emilia-Romagna. Il fondatore di Butac.it, sito che si occupa di segnalare e spiegare le fake news che circolano spesso online, ha spiegato al Post che il sequestro preventivo è stato disposto in seguito ad una querela per un articolo pubblicato due anni e mezzo fa, in cui erano segnalate le dichiarazioni di un oncologo che promuoveva la medicina solistica senza alcun fondamento scientifico. Questa non è la prima querela ricevuta dal portale, ma in passato i magistrati avevano disposto il sequestro dei soli articoli interessati, non dell’intero sito. Il sito Butac.it è coordinato da due persone che gestiscono diversi collaboratori. Inoltre, il portale collabora spesso con la Polizia Postale, segnalando ad esempio tentativi di truffe online.
BUTAC, SEQUESTRO PREVENTIVO PER UNA QUERELA PER DIFFAMAZIONE
Michelangelo Coltelli, il fondatore di Butac.it, non è riuscito ad avvisare i lettori del sequestro preventivo del sito, ma la notizia è circolata subito in Rete creando molto sgomento. Ai microfoni di Tgcom24 ha spiegato cosa è accaduto: «Per una querela per diffamazione senza richiesta di rimozione del pezzo in questione è stato interrotto dalla Procura di Brindisi un servizio di pubblica utilità nella guerra alle fake news». Il fondatore ha fatto ricorso, ma non è chiara la tempistica per la decisione del pm. In queste ore sta ricevendo comunque la solidarietà di tanti colleghi che hanno offerto loro spazi per proseguire il lavoro anti-bufale. «Io e la caporedattrice, che operiamo su base volontaria all’aggiornamento del nostro sito, ne siamo rimasti piacevolmente colpiti, perché in fondo tutti insieme lottiamo per la corretta informazione». Il blogger David Puente, noto “cacciatore di bufale”, ha twittato: «Immaginate se per un articolo denunciato per diffamazione venisse sequestrata la sede di una testata giornalistica, immaginate i danni che può portare una decisione del genere. Solidarietà ai colleghi». E sui social monta la protesta, a partire da Twitter.