Pare che a Bologna, terra del ragù, si insegni in una scuola elementare e in una scuola media un’ora di religione cattolica molto particolare: la realtà multietnica ha indotto il docente di religione e quello di materia alternativa a collaborare per introdurre i piccolini ai fondamenti delle principali religioni. Pare che la cosa abbia avuto successo e pare che ci sia un comitato genitori che, in nome della scuola laica, diffidi la dirigente dal continuare questo esperimento. 



Così apprendiamo, da un lato, che laicità significhi “essere di nessuno”, abitare uno spazio vuoto in cui oggettivamente distanziarsi da tutto. È una bella favola quella che ci racconta chi sostiene che si possa vivere nella storia da neutrali, senza storia. Una favola che è una bugia, perché anche l’ateismo o l’agnosticismo sono un dichiarato atteggiamento religioso, mentre il laico è colui che non ha paura di incontrare e di confrontarsi con tutto: la laicità è la terra di tutti, non quella di nessuno. Anche degli atei e degli agnostici. 



Ma a Bologna apprendiamo anche che si può insegnare religione in modo equidistante, senza alcuna ipotesi, trasmettendo un sapere senza alcun sapore. Da anni nelle mie classi delle superiori racconto il dramma del senso religioso parlando di induisti, buddhisti, confuciani, shintoisti, ebrei e islamici. E da anni lo faccio col desiderio di mostrare la nobiltà esistenziale e l’impatto culturale di queste tradizioni religiose. È una premessa utile al processo che con sarcasmo chiamo di “svaccinazione” dal cristianesimo: troppe volte l’educazione cristiana si è ridotta ad introdurre nel cuore e nella testa dei ragazzi quel tanto di cristianesimo da renderglielo indigesto e insopportabile. Affrontare queste fedi mi aiuta a riprendere le domande di fondo della vita, a renderli di nuovo disponibili ad ascoltare come nuove le parole della fede comprendendo il perché siano state così rivoluzionarie per la cultura occidentale e orientale. 



C’è una differenza tra sincretismo e apertura del cuore: l’intenzione. Se io voglio restituirti tutta la freschezza del cristianesimo così che tu possa capire meglio Dante, Caravaggio, Hegel o Oscar Wilde oppure se io voglio impedirti di religere, di riannodare tutti i fili del mondo che hai dentro con quello che c’è fuori. Rendendoti dotto di nozioni, ma povero di sapere. 

A Bologna laici e religiosi rischiano di far questo, ovvero di cucinare il ragù mettendo la stessa dose di tutti gli ingredienti oppure pretendendo che niente si mischi al pomodoro. Un’idea eccezionale, forse, ma di quelle destinate a lasciare la tavola senza commensali. Impiegati a cercare altrove qualcosa che li nutra con gusto.