Mentre ancora non si è risolto il mistero in Calabria della morte di Matteo Vinci, la novità di giornata è rappresentata dalla perquisizione della casa e dall’arresto successivo di Domenico Di Grillo, 71enne marito di Rosaria Mancuso, a sua volta sorella dei capi del clan omonimo di ‘ndrangheta. Giuseppe, Francesco, Pantaleone e Diego, riporta l’Ansa, sono ritenuti i capi del clan Mancuso che opera nella zona di Vibo Valentia: l’arresto del cognato Di Grillo sarebbe imputabile alla detenzione di un fucile di provenienza illecita, ma si sospetta che possa c’entrare con l’attentato di Limbadi. «I carabinieri stanno valutando anche la possibilità di un collegamento tra l’uccisione ieri di Matteo Vinci e la lite per motivi d’interesse che la vittima ed il padre ebbero nel 2014 con Rosaria Mancuso, lo stesso Di Grillo ed altri esponenti della cosca Mancuso», spiega ancora l’Ansa riportando dell’arresto a qualche ora dall’autobomba esplosa nei boschetti di Limbadi. L’inchiesta passa alla Dda di Catanzaro nel tentativo di avere più mezzi e risorse a disposizione per poter risolvere tutti i dubbi dietro alla misteriosa aggressione contro la famiglia Vinci: chi può aver azionato il timer? Chi ha posizionato le bombe? Chi ha commissionato il tutto e soprattutto perché esporsi così tanto ben sapendo dei trascorsi non certo “buoni” tra la famiglia Vinci e il clan mafioso dei Mancuso? Padre e figlio Vinci erano persone non considerate legate alla ‘ndrangheta, «ma evidentemente, erano finite nel mirino di esponenti di primo piano della criminalità organizzata del vibonese». (agg. di Niccolò Magnani)



FATALE LITE CON UN BOSS?

Iniziano ad emergere i particolari per la tragica vicenda l’ex Consigliere Comunale Matteo Vinci, ucciso in provincia di Vibo Valentia con un’autobomba. Oltre ad uccidere il 42enne, l’esplosione ha ferito anche il padre, che a sua volte era stato arrestato assieme al figlio per la lite con una famiglia considerata affiliata a delgli ‘ndranghetisti. Lo scoppio fatale è avvenuto nella cittadina di Limbardi, ed è stato convocato d’urgenza dal prefetto di Vibo Valentia il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per cercare di comprendere le responsabilità dirette e gli eventuali mandanti dell’attentato. C’è preoccupazione per l’escalation criminale nella zona, anche in seguito del recente sfregio a Soriano del monumento in ricordo di un giovane ucciso per errore in un agguato di ‘ndrangheta. (agg. di Fabio Belli)



FATALE LA LITE CON UN BOSS?

La vittima dell’autobomba esplosa a Limbardi, in provincia di Vibo Valentia in Calabria, il 42enne Matteo Vinci, era stato arrestato nel 2014 a causa di una rissa scoppiata con i vicini di casa, facenti parte della famiglia ‘ndranghetista dei Mancuso. La lite era stata scatenata da motivi legati ai confini di un terreno agricolo. Aveva poi in seguito sporto denuncia nei confronti della sorella di un altro boss locale. Episodi che stanno passando ora al vaglio degli inquirenti, per cercare di comprendere se fosse proprio Vinci il destinatario dell’attentato che ha scosso la regione nella giornata di lunedì, e che secondo gli investigatori sarebbe sicuramente da ricondurre alle cosche che stanno alzando il tiro dei loro attentati. (agg. di Fabio Belli) 



VIBO, E’ STATA LA ‘NDRANGHETA?

Un’esplosione all’interno di un’auto si è verificata a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia. I carabinieri, che stanno indagando sotto le direttive della Procura, ipotizzano che lo scoppio sia stato provocato da una bomba collocata nel vano portabagagli della vettura. Un uomo ha perso la vita: Matteo Vinci, 42 anni, ex rappresentante di medicinali, era stato candidato alle ultime elezioni comunali nella lista “Limbadi libera e democratica”. Ferito gravemente il padre, Francesco, di 70 anni, ora ricoverato con prognosi riservata all’ospedale di Vibo Valentia. L’esplosione è avvenuta mentre Matteo Vinci stava guidando. L’episodio si è verificato nel primo pomeriggio a Cervolaro, mentre la Ford Fiesta alimentata a metano stava percorrendo una strada provinciale. Sul posto sono intervenuto il pm di turno della Procura e un magistrato della Procura antimafia di Catanzaro. «Le cosche stanno alzando il livello», commentano gli inquirenti. Intanto il prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo, ha convocato d’urgenza il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sulle indagini.

VIBO VALENTIA, ESPLODE AUTO: UN MORTO E UN FERITO GRAVE

Gli artificieri dei carabinieri sono a lavoro per verificare la dinamica e le cause dell’esplosione: sono intervenuti sul posto per effettuare gli accertamenti tecnici. In un primo momento si era ventilata l’ipotesi di un incidente poiché l’auto era alimentata a metano, ma secondo Il Vibonese gli artificieri ipotizzano che si sia trattato di un attentato. Stando a quanto riportato dal Fatto Quotidiano, Matteo Vinci era già stato vittima di un tentato omicidio. A suo carico non risultano precedenti penali per mafia, né risulta che fosse legato ad ambienti della criminalità organizzata. Il padre invece è un ex carrozzine della zona. Entrambi però erano finiti ai domiciliari nel 2014 per una rissa con un’altra famiglia di Limbadi per questioni di confini territoriali. Limbadi comunque è uno dei centri della provincia di Vibo Valentia a più alta densità mafiosa, al centro di numerose inchieste della Procura antimafia di Catanzaro.