Ha lasciato l’amaro in bocca la sentenza del tribunale di Torino con cui non viene riconosciuto come lavoro subordinato quello che fanno i fattorini della nota ditta Foodora. “Legittima di fatto un mondo del lavoro dove non ci si vergona di pagare a cottimo un dipendente che non ha alcuna tutela. In questo modo si lascia il terreno libero a Foodora. Oggi paga 3,70 euro netti a consegna. Ma domani potrebbe darne solo due. Senza che nessuno si opponga”, questo uno dei commenti di un ex rider tra quelli che avevano intentato causa all’azienda e che oggi, primo maggio, insieme a chi lavora per aziende analoghe come Deliveroo e Just Eat marciano a Torino in occasione della festa dei lavoratori per far sentire le proprie ragioni. Anche se loro dicono che non aderiscono alla festa perché non si sentono rappresentati dai sindacati.



LA PROTESTA SENZA I SINDACATI

Di fatto, sono dipendenti di una app, che trasmette loro le indicazioni di dove fare le consegne e i ritiri. Inizialmente venivano pagati 5 euro di fisso all’ora, oggi vengono pagati a consegna. Le richieste, anche dopo la sentenza del tribunale, sono sempre le stesse: salario minimo garantito, riconoscimento del rapporto subordinato, contratti che garantiscano la sicurezza sul lavoro, tutele e accessibilità alla formazione. Che lavoro è allora? “Il nostro lavoro non è riconosciuto come tale, mistificato e invisibilizzato: nascosto nella selva nera dei contratti parasubordinati” dicono i rider. Dalla loro parte sta, sembra, il presidente della Regione Chiamparino che dice di augurarsi che sia l’inizio di un avvicinamento al movimento sindacale. La Regione, anche qui sembra, potrebbe costituirsi come parte civile insieme a loro. Staremo a vedere.

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