David Goodall ha preparato con meticolosità il suo ultimo viaggio. E il suo desiderio è stato quello di ascoltare l’Inno alla Gioia di Beethoven per l’ultima volta, prima di offrire il braccio all’iniezione letale per farsi praticare l’eutanasia. Da scienziato, prima di andarsene Goodall ha voluto far sapere come la sua decisione si stata particolarmente ponderata. Decisione che è arrivata perché all’età di 104 anni, nonostante la lucidità mentale mantenuta, mancava quell’indipendenza in grado di mantenere alta la qualità della vita. Non dover dipendere dagli altri ed essere di conseguenza un peso, ma anche mantenere lo standard di vita coerente a ciò che si è amato per tutta la vita. Un’eutanasia è sempre una scelta destinata a far discutere, ma l’impressione è che per Goodall sia stata sicuramente meditata a sufficienza. (agg. di Fabio Belli)



UNA SCELTA MEDITATA

David Goodall, noto scienziato e botanico australiano, si sentiva troppo vecchio, e certamente 104 anni sono molti. Le condizioni fisiche decadono, si fatica a compiere ogni piccolo gesto, anche se non sembra da quanto si legge in giro che lo studioso soffrisse di particolari problemi. Una decina di giorni fa aveva annunciato che non voleva più vivere: “la qualità della mia vita è deteriorata” aveva detto, annunciando di volersi recare in Svizzera dove ogni desiderio di morte viene esaudito. Nessuna legge sull’eutanasia, anche se molti casi in Olanda e Belgio dimostrano che è facilissimo aggirarla, concepisce la possibilità di morire perché ci si sente troppi anziani. Sulla carta, l’eutanasia è prevista quando si è malati terminali o in condizioni di sofferenza fisica ritenute insopportabili. Basta recarsi a Basilea però, e pagare una bella cifra: stamane alle 12 e 30 David Goodall, è morto, circondato dai familiari, “in modo sereno con una infusione di Nembutal (un barbiturico, cioè un veleno, ndr)” si legge su un tweet pubblicato da Philip Nitschke, medico australiano e fondatore dell’associazione pro eutanasia Exit international.  In Australia il suicidio assistito non è previsto dalla legge.



“MI SENTIVO VECCHIO”

Stupisce leggere ora che Goodall era da circa vent’anni che pensava all’eutanasia, quindi quando era anziano, ma non certo in stato fisico-mentale decadente, cosa che peraltro, vista la lucidità delle sue ultime dichiarazioni, fa pensare non fosse neanche a 104 anni. Fino a due anni fa lavorava ancora come ricercatore dell’università di Perth. Ma era “molto dispiaciuto di aver raggiunto questa età”, aveva detto, “ognuno dovrebbe essere libero di scegliere la morte quando il momento è giusto”. Ovviamente, come sempre in questi casi, il suo gesto riaprirà il dibattito in Australia perché si approvi una legge sul suicidio assistito. Benché coloro che fanno questa scelta e i loro parenti lo neghino sempre, coscienti o no che lo siano, non sono altro che testimonial della morte. Si fanno usare, li usano, per far passare tali legislazioni omicide: quanto sarà facile per dei familiari far credere che il “nonno” era stufo di vivere e toglierselo di torno? Anche lo stato ne guadagna, risparmiando in spese mediche. E morirono tutti felici e contenti, quando milioni di bambini che muoiono di fame vorrebbero vivere loro fino a 104 anni…

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