Il prezioso rapporto di Save the Children su “Madri Equilibriste. La maternità in Italia”, diffuso ieri, offre una puntuale analisi quantitativa e qualitativa, dettagliata anche con un confronto regionale.

Vale la pena di scorrere i dati dell’Indice delle Madri (Mother’s Index), che consente un confronto temporale tra il 2004 e il 2017 (passando per i punti intermedi del 2008 e del 2012), comparando i dati delle Regioni italiane. Emerge, in primo luogo, la conferma del drammatico e crescente divario territoriale tra le Regioni del Nord (con le Province autonome di Trento e Bolzano nettamente in testa), fortemente attrezzate nelle infrastrutture sociali a favore della maternità, e le regioni del Sud (Campania in coda, nel 2017), in costante calo di qualità di servizi e di sostegni.



Un secondo dato meritevole di attenzione – e di memoria – è l’evidente peso della crisi economica iniziata nel 2008, diminuendo in modo rilevante e pressoché generalizzato dal punto di vista territoriale l’Indice. In altre parole, la crisi ha picchiato duro non solo sul tessuto economico, lavorativo e imprenditoriale, ma anche nel vivo delle relazioni familiari, scaricando ulteriori pesi e difficoltà sulle famiglie – e sulle madri, in particolare. Anche per questo i dati sulla propensione alla maternità e sulla fecondità confermano il loro drammatico e apparentemente inarrestabile calo, che conduce a un Paese sempre più vecchio, e con scarso ricambio generazionale.



Un altro punto positivo di interesse riguarda la composizione dell’Indice, che è articolato su tre direttrici: lavoro, servizi e cura, e in quest’ultimo ambito inserisce anche il tema della condivisione tra padri e madri delle responsabilità familiari e genitoriali. La multidimensionalità, infatti, è indispensabile per costruire questi indici, perché le famiglie rispondono ai propri compiti e reagiscono alle difficoltà utilizzando tutte le loro risorse, e cercando sostegni nelle leggi, nei servizi, nelle opportunità di welfare aziendale, ma soprattutto attraverso la riorganizzazione delle proprie risorse interne.



Forse su quest’ultimo aspetto il Rapporto di Save the Children presenta qualche punto critico. Due in particolare, tra loro collegati, possono essere qui proposti (senza nulla togliere all’utilità e alla qualità del lavoro proposto).

Il primo è che appare forse un po’ troppo trascurato il sistema relazionale e di rete delle famiglie, che è la dinamica principale della loro capacità di resistenza. Le madri raccontate da Save the Children sembrano davvero isolate, singoli individui di fronte alle sfide della genitorialità, e sfugge, dagli indici proposti, la grande risorsa che è la solidarietà intra-familiare (nelle reti di parentela) e inter-familiare (aiuto e mutuo aiuto tra famiglie). Eppure la stragrande maggioranza delle famiglie “resiste” proprio grazie a queste reti, al sostegno circolare delle generazioni all’interno della parentela (nonni che aiutano i nipoti, figli adulti che svolgono le funzioni di care giver per gli anziani eccetera), allo scambio di aiuti tra famiglie. E anche i padri, pur ricordati nella richiesta di estendere i congedi parentali alla nascita dei figli, sono un po’ troppo inesistenti, nei dati riportati.

In secondo luogo, le proposte lanciate (un vero e proprio Piano nazionale per la maternità, in effetti) si muovono in una prospettiva di progressiva intensificazione degli interventi del sistema pubblico, tramite leggi, incentivi, nuovi servizi eccetera. Non che non sia necessario, soprattutto se si considerano i divari territoriali (nella fascia di età da zero a 2 anni la media nazionale è attorno al 12% di posti nido, mentre nel Sud supera di poco il 4%!). Tuttavia manca completamente la valorizzazione di una modalità sussidiaria e partecipativa di mobilitazione delle famiglie e delle reti familiari, come priorità delle politiche.

La condizione delle madri, non solo nel nostro Paese, migliorerà non solo con servizi migliori e più numerosi, ma soprattutto nella riscoperta di modalità integrate di sostegno ai progetti di vita, in cui la libertà, la creatività e le responsabilità di madri, padri e famiglie vengano promosse e sostenute con interventi mirati, non sostitutivi, ma promozionali: sussidiari, appunto.