Una situazione complicata, visto che le multinazionali delle sigarette in passato sono state condannate a pagare pesanti risarcimenti per i danni riportati da diversi fumatori, soprattutto oltreoceano dove alcune cause negli Stati Uniti hanno fatto letteralmente giurisprudenza. Non aver avvertito sui potenziali pericoli del fumo ha avuto effetti distruttivi e questo ha portato all’applicazione dei famosi avvisi, a volte anche accompagnati da immagini particolarmente crude di persone che hanno subito interventi chirurgici e limitazioni fisiche pesanti, che rendono il fumatore consapevole dei propri rischi. E proprio questa consapevolezza, a termini di legge, scagiona le multinazionali delle sigarette di fronte a nuove richieste di risarcimenti, come il caso preso in esame in questi giorni. (agg. di Fabio Belli)



LA LEGGE COMUNITARIA

Fa notizia il mancato risarcimento alla famiglia di un fumatore morto per tumore ai polmoni. Questo ci fa tornare indietro alla legge Comunitaria del 1990 che di fatto ha cambiato una serie di punti di vista sul tabagismo. Infatti da quella data è stato imposto l’obbligo di vedere direttamente sui pacchetti l’avvertenza dei pericoli in cui si può incappare per la salute. Di recente poi in Italia sono arrivate anche delle foto, molto criticate, che in maniera abbastanza evidente ci mostrano come agiscono e che conseguenze portano le malattie causate dal fumo. Su questo poggia forte la tesi della Cassazione che sottolinea appunto che “Fumare è una scelta”. Per questo non viene eseguito nessun risarcimento e non ascoltate le parole dell’uomo che ha perso la vita, pronto a sottolineare come la Philip Morris Italia avesse inserito nelle sigarette elementi in grado di creare dipendenza fisica e mentale. (agg. di Matteo Fantozzi)



NESSUN RISARCIMENTO

La vicenda legata al risarcimento mancato per un uomo morto per tumore ai polmoni, in seguito al fumo, ha stabilito un vero e proprio precedente tanto che la Cassazione con la sentenza numero 11272 ha sottolineato questo come una scelta libera. L’uomo deceduto aveva iniziato a fumare da giovanissimo per arrivare a consumare 2 pacchetti di Marlboro al giorno. Un vizio che era stato interrotto nel 2000 dopo la diagnosi del cancro ai polmoni. Questi però sottolineava come i produttori e i distributori delle sigarette Philip Morris Italia ed Eti fossero responsabili della sua patologia. Nell’accusa c’era il fatto che all’interno delle sigarette fosse contenuto una sostanza in grado di creare dipendenza mentale e fisica. Era stata chiamata in giudizio prima la Philip Morris Italia e poi Ministeri di Finanze e Salute. La famiglia aveva portato avanti la lotta dell’uomo dopo la sua morte arrivando fino a scontrarsi con la Cassazione.



LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Chi si ammala di tumore e poi muore se fumatore non ha diritto a nessun tipo di risarcimento né da parte del Monopolio di Stato nemmeno dalle multinazionali del tabacco. La sentenza che stabilisce questo arriva direttamente dalla Cassazione. La sentenza è la numero 11272 ed è stata depositata direttamente ieri quando è stato respinto il ricorso della famiglia di un fumatore che è deceduto a causa di un tumore ai polmoni. Dopo la Corte d’Appello anche il grado della Cassazione ha stabilito che il vizio del fumo viene considerato una scelta libera e attuata con la consapevolezza di quali danni possa creare nell’organismo. La famiglia dell’uomo deceduto è stata condannata a pagare ventimila euro di spese legali come si può leggere dalla sentenza definitiva. La decisione ha stabilito che la dannosità del fumo costituisce dato di comune esperienza, conosciuta addirittura dagli anni settanta.