Stando a quanto emerso nell’approfondimento delle indagini, la squadra mobile di Brindisi ha messo “di nuovo” in carcere il boss Antonio Campana, già detenuto in questo momento nel carcere di Terni. Secondo l’accusa, il boss della Sacra Corona Unita sarebbe riuscito a comunicare all’esterno del carcere addirittura con un telefonino. Non solo – come avevamo già anticipato questa mattina – la procura ritiene che Campana abbia mostrato anche intenzioni altamente vendicative nei confronti di un magistrato della Dda di Lecce, di fatto colui che aveva coordinato l’inchiesta che lo aveva portato in carcere la prima volta. La regola imposta dal capomafia all’interno del carcere era impressionante: se infatti un suo ordine non veniva obbedito la soluzione era semplice, «devo scannare tutti. Se esce un cantiere, voi dovete andare e ve lo dovete prendere, io voglio andare in tutti i posti, adesso dovete fare gli economisti, parlo con Ghemon e gli altri», si legge nelle intercettazioni pubblicate da Repubblica dopo l’arresto delle 12 persone ritenute coinvolte nel “sistema Campana”. (agg. di Niccolò Magnani)



PIZZINI DAL CARCERE PER COLPIRE PM ANTIMAFIA

Nuovo colpo delle forze dell’ordine italiane nei confronti della lotta alla mafia. Dodici arresti sono stati eseguiti dalla polizia di Brindisi, tutti affiliati alla Sacra corona unita, organizzazione mafiosa che ha il suo cuore pulsante proprio in Puglia. Come sottolineato dai colleghi de La Repubblica, le indagini della Squadra mobile di Brindisi e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno portato alla luce un’azione criminosa che nasceva dal carcere, attraverso i famosi “pizzini”, gli ordini impartiti attraverso dei foglietti scritti a mano. In particolare c’era la concreta intenzione di colpire alcuni componenti della direzione antimafia di Lecce, e le indagini sono partite da un carcere di massima sicurezza dove sono detenuti alcuni esponenti della “Sacra”: attraverso le registrazioni si è potuta appurare la volontà di colpire i pm antimafia.



LE ATTIVITA’ CRIMINOSE SVOLTE

Gli ordini partivano da dietro le sbarre, destinati a complici in libertà che risiedevano in vari comuni della provincia brindisina. Numerose le attività svolte, al di là degli obiettivi antimafia, come ad esempio la gestione del settore della pesca e dei parcheggi, ma anche i classici estorsioni e spaccio di stupefacenti, ovviamente, anche attraverso l’uso della violenza. Tre ordini di custodia cautelare sono stati eseguiti in carcere, mentre altri nove riguardano loschi figuri a piede libero. I malavitosi erano attivi in particolare nei territori di Brindisi, Tututano e Mesagne.

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