Il pg di Milano, Massimo Gaballo, si è espresso oggi sul caso di Giuseppe Uva, il giovane morto il 14 giugno 2008, nell’ambito del processo di secondo grado che vede imputati alcuni poliziotti e carabinieri. In occasione dell’importante udienza odierna, come riporta il quotidiano Il Giorno, il sostituto procuratore generale ha avanzato la richiesta a 13 anni di reclusione per due carabinieri e 10 anni e sei mesi per i sei poliziotti. Uva morì in circostanze mai chiarite presso l’ospedale di Varese dopo che fu precedentemente fermato e portato in caserma dai militari imputati, per alcuni accertamenti. Nell’ambito del processo di primo grado a loro carico, i militari furono assolti dalle gravi accuse di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona aggravato, ma la sentenza fu poi impugnata dalla procura di Milano. Oggi, dunque, sul finale di processo che si sta svolgendo di fronte alla Corte d’Assise d’Appello, il pg Gaballo ha ribadito quali furono le presunte cause della morte di Giuseppe Uva e ha quindi avanzato le sue richieste di condanna. I reati che ha contestato ai militari dei Carabinieri ed ai poliziotti coinvolti sono omicidio preterintenzionale e sequestro di persona aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale.
LA REQUISITORIA DEL PG DI MILANO
Requisitoria durissima, quella tenuta oggi dal procuratore generale di Milano, Massimo Gaballo, in occasione della nuova udienza del processo sulla morte di Giuseppe Uva. A sua detta, il giovane morì “a causa di un’aritmia provocata dalla violenta manomissione sulla sua persona col trasferimento coatto in caserma, anche a prescindere dalle eventuali percosse subite e dalle lesioni riscontrate sul suo corpo”. Dunque ad ucciderlo, secondo l’accusa, furono la “tempesta emotiva” e lo “stress” in seguito al suo trasferimento illegittimo ed immotivato in caserma. In merito alle condanne, ai due carabinieri, Paolo Righetto e Stefano Dal Bosco sono stati chiesti 13 anni di reclusione, mentre la richiesta relativa a Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Barone Focarelli, Bruno Belisario, Vito Capuano e Gioacchino Rubino, i sei poliziotti coinvolti, è inferiore, ovvero pari a 10 anni e sei mesi, giustificata dalla condotta “omissiva” loro addebitata.