La storia di Salvatore Ligresti, noto immobiliarista morto ieri a 86 anni, è anche un pezzo di storia d’Italia. Ligresti, infatti, seppe certamente creare un vero e proprio impero, costruito mattone dopo mattone e che portò a legare il Nord-Ovest di Milano al Sud-Est. Ma la sua non fu solo un’esistenza all’insegna delle ascese bensì anche delle rovinose cadute, tra scandali e condanne. Siamo agli inizi degli anni ’60 quando tutto prese il via. Fu lo stesso Ligresti a raccontarlo in una intervista – l’unica – rilasciata a un giornalista nel 1986. “Avevo saputo della possibilità di acquistare il diritto a costruirlo, ma ci volevano 15 milioni e io ne avevo cinque. Non mi sono perso d’animo. Sono andato al Credito commerciale per chiedere un prestito. Mi hanno dato 10 milioni, quasi non ci credevo. Ho fatto il progetto, ho rivenduto il diritto per 50 milioni, guadagnando in un colpo solo 35 milioni”, raccontava. Era il 1962, e mentre attraversava piazza Duomo, allora, Ligresti sì che si sentiva un uomo ricco. I successivi 20 anni lo videro davvero sulla cresta dell’onda tanto da fargli conquistare il titolo di “mister 5%” poiché divenne un vero mago nell’acquisto di pacchetti di azioni utili a stabilizzare le varie compagini societarie. Non fu un caso se il suo nome fu associato all’impero del mattone nella Milano da bere, ma lo stesso immobiliarista fu protagonista indiscusso anche nei salotti d’affari della capitale economica. Alla sua fortuna come imprenditore immobiliare nella Milano dove si era trasferito dalla Sicilia, si aggiunse poi quella legata alle partecipazioni ed agli investimenti nelle più grandi società italiane. Indubbiamente fu uno dei protagonisti dell’Italia del boom economico. La sua fortuna accrebbe proprio tra gli anni Settanta e gli Ottanta grazie all’ambito dell’edilizia. Successivamente reinvestì i proventi delle attività di costruzioni in partecipazioni societarie di importanti aziende, da Pirelli a Gemina, da Sai a Mediobanca.



LE PRIME CADUTE, TRA SCANDALI E INCHIESTE FINANZIARIE

Salvatore Ligresti nel corso dei decenni successivi continuò indubbiamente ad essere un protagonista ma questa volta al centro di numerosi scandali ed inchieste finanziarie che segnarono inevitabilmente la sua lenta ma inesorabile caduta. Dopo lo scandalo delle cosiddette “Aree d’Oro”, nel 1992 ‘don Salvatore’, come era soprannominato anche alla luce della sua terra di origine, finì in manette nell’ambito dello scandalo Tangentopoli. Le accuse furono di corruzione per aggiudicarsi appalti in riferimento alla costruzione della metro di Milano e delle Ferrovie Nord. Trascorse quattro mesi a San Vittore ma in seguito alla condanna definitiva giunta cinque anni dopo perse i requisiti di onorabilità richiesti per ricoprire incarichi in Premafin e Fondiaria-Sai. Nuovi guai giunsero nel 2012, quando fu aperta un’inchiesta per il reato di aggiotaggio in relazione a due trust esteri titolari del 20% di Premafin ed a lui riconducibili. L’anno seguente fu nuovamente arrestato per il reato di falso in bilancio e manipolazione di mercato ma questa volta scontò la pena ai domiciliari per via della sua età. Due anni fa fu condannato per questo a 2 anni. Per la vicenda Premafin, lo scorso novembre si aggiunse a carico di Ligresti, ormai fortemente malato, una nuova condanna a 5 anni con l’accusa di aggiotaggio.

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