A nove anni dalla sua morte, la famiglia di Stefano Cucchi si sente libera di piangerlo. A spiegare le ragioni è Ilaria, la sorella del 31enne morto all’ospedale Pertini di Roma in seguito a un pestaggio. A confermarlo un carabiniere, l’appuntato Roberto Casamassima, che nell’ultima udienza del processo bis ha accusato i suoi colleghi. «Non ho pianto per anni, nessuno della mia famiglia ha potuto. C’era troppo da fare per ottenere giustizia in aula», ha raccontato Ilaria Cucchi a Vanity Fair. Lei non ha avuto dubbi sul pestaggio subito dal fratello, ma sono passati nove anni prima che la sua verità venisse confermata in tribunale. Lo ha fatto Casamassima, il principale teste nel processo contro cinque carabinieri, tre dei quali sono accusati della morte del geometra romano, il quale una settimana prima era stato arrestato, perché in possesso di hashish e alcune pastiglie. Per Ilaria Cucchi le parole del carabiniere segnano un nuovo percorso di giustizia, oltre che un grande dolore.



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ILARIA CUCCHI E LA RICERCA DELLA VERITÀ PER IL FRATELLO STEFANO

«Quello che sta emergendo è terribile. Dal punto di vista emotivo è devastante», racconta Ilaria Cucchi a Vanity Fair. Sono stati anni di battaglie per la sua famiglia, che ha sentito raccontare per anni versioni diverse. Peri loro invece «la realtà era chiara ed evidente davanti agli occhi», ma solo fuori dalle aule della giustizia. Ora invece arriva la conferma del fatto che Stefano ha subito un violento pestaggio. «Ascoltiamo testimonianze di carabinieri che ci raccontano che Stefano stava male. Assistiamo infine a racconti di come le persone, in varie misure coinvolte nella vicenda, siano state invitate dai loro superiori a modificare le annotazioni di servizio circa le condizioni di salute di Stefano e tutto questo è gravissimo e inaccettabile». In aula durante l’ultima decisiva udienza del processo bis, Ilaria Cucchi si è trovata faccia a faccia con il maresciallo Mandolini, che più volte ha attaccato la sua famiglia sui social network. «Per la prima volta era in aula ad ascoltare le testimonianze dei carabinieri che lo accusavano e probabilmente era lì per intimorirli ma non c’è riuscito. Non ha avuto nemmeno il coraggio di guardarmi».

IL PRIMO PROCESSO, QUELLO “SBAGLIATO”

Il primo processo, quello che la famiglia Cucchi definisce «sbagliato», vedeva imputati gli agenti della polizia penitenziaria e i medici, tutti assolti e richiamati di seguito in causa dalla Cassazione. Quel processo cominciò nel 2015 con le accuse di omicidio preterintenzionale nei confronti dei carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, quest’ultimo accusato anche di falso nella compilazione del verbale di arresto e di calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini. Ripensando al quel processo Ilaria Cucchi dichiara a Vanity Fair: «Alla mia famiglia potevano essere risparmiati anni difficilissimi di un processo completamente sbagliato, con gli imputati sbagliati, la causa di morte sbagliata». E ricorda le testimonianze: «Assistevo a scene patetiche di consulenze e periti medico-legali che ci raccontavano che Stefano era morto di suo, che non c’era stato nessun pestaggio e forse nemmeno una caduta. Ogni cosa è stata coperta, sulla nostra pelle».