Al Meeting per l’amicizia fra i popoli l’incontro è, da 39 anni, argomento, metodo e obiettivo. E dell’incontro l’edizione 2018, “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice” (19-25 agosto), si propone di esplorare ancor di più le potenzialità, con un’articolazione rinnovata degli spazi e del programma: ai tradizionali appuntamenti con conferenze, mostre e spettacoli si uniranno momenti di dialogo con i relatori, in aree dedicate alla fruizione interattiva di contenuti di attualità, dal lavoro, alla mobilità alla salute.



Ma le novità cominceranno ben prima della terza settimana di agosto. Ad esempio domenica 20 maggio un evento animerà le piazze di sei città: Ascoli Piceno (piazza del Popolo), Firenze (piazza Strozzi), Genova (piazza De’ Ferrari), Pavia (piazza Vittoria), Perugia (piazza Matteotti), Trento (angolo tra via Oss Mazzurana e via Oriola). In queste piazze i volontari del Meeting, dalle 9 alle 19, incontreranno cittadini, turisti e passanti per far conoscere il Meeting, invitarli alla manifestazione e – perché no – raccogliere donazioni per sostenerla. Il desiderio di incontro emerge fin dal titolo dell’evento, “Meet the Meeting”, come racconta Nicoletta Rastelli, responsabile Pubbliche relazioni e Fundraising del Meeting.



Come e perché nasce l’idea di  “Meet the Meeting”?

L’evento di piazza del 20 maggio nasce dal desiderio di scendere in piazza per incontrare le persone a tu per tu, in pieno “spirito Meeting”, con la speranza che il test di quest’anno possa essere rilanciato in tante altre piazze nel 2019 in occasione del quarantennale del Meeting: l’obiettivo per l’anno prossimo è di raggiungere quota cinquanta. Il senso di “Meet the Meeting” è bene esemplificato dal prodotto che porteremo nelle piazze: il vino prodotto da cantine e aziende vinicole locali. Aziende peraltro con le quali è scattato immediatamente un feeling che non ci aspettavamo. La scelta del prodotto vuole raccontare qualcosa di noi: la nostra storia ci ha educato al gusto per le cose belle e alla valorizzazione della nostra cultura e delle nostre risorse anche enogastronomiche. 



Più partner che produttori, quindi. E i volontari?

Come al Meeting, riescono sempre a sorprenderci. Entusiasti, generosi, soprattutto creativi. Vederli in azione mi fa capire che queste persone non solo ci stanno dando una mano a svolgere un lavoro prezioso, ma mi illuminano sul motivo per cui io faccio il Meeting, sul perché collaboro a costruire quest’opera. Quindi “Meet the Meeting” nasce dalla voglia di metterci la faccia ed è certamente anche una scommessa; ma mi sento di dire che è già una scommessa vinta, proprio per l’esperienza che stiamo facendo assieme ai nostri volontari. 

La prossima edizione del Meeting, che prevede nuove aree e spazi tematici, sarà una sorpresa per molti. In che modo “Meet the Meeting” si inserisce in questo percorso di rinnovamento?

I nuovi format del Meeting, che si affiancano agli incontri e alle mostre tradizionali, nascono dal desiderio, più volte espresso dal pubblico del Meeting, di maggior contatto con i relatori, di modalità di comunicazione più immediate, che favoriscano il dialogo personale. Quest’anno perciò spazi e tempi della manifestazione saranno organizzati in modo che, accanto alle tradizionali conferenze, ci saranno luoghi nei quali gli incontri con gli ospiti saranno più diretti e ravvicinati. L’evento di piazza del 20 maggio riproduce perfettamente questa impostazione, perché offre la possibilità di un dialogo nuovo, di dar voce ad un desiderio di amicizia e costruzione di bellezza, che da quella giornata potrà continuare nella quotidianità.

Quali sono, dunque, le aspettative per “Meet the Meeting”?     

In fondo, le stesse che abbiamo per il Meeting. Che le persone che incontriamo possano essere colpite da ciò che ha stupito anche noi, un’umanità vera, sincera, desiderosa di entrare nelle questioni vive della contemporaneità e di farlo nel dialogo con gli altri. E poi che da questo incontro nasca la voglia di conoscere e partecipare al Meeting e il desiderio di sostenere questo luogo come un’esperienza utile per tutti».

 

(Valentina Caruso)