Si chiude una porta e si apre un portone. Un detto che spesso e volentieri ci hanno ripetuto nella nostra vita, e che si calza a pennello con quanto sta accadendo a Cambridge Analytica. Nelle scorse ore vi abbiamo riportato la notizia circa l’imminente chiusura dell’azienda coinvolta lo scorso mese di marzo nello scandalo che ha portato alla luce l’utilizzo fraudolento di milioni di dati di utenti Facebook per fini elettorali. Ma attenzione a quello che è successo, come riportato dall’agenzia Ansa. La chiusura di C.A., come del resto molti avevano già ipotizzato, è solo una sorta di “specchietto per le allodole”. In queste ultime settimane, infatti, i manager della stessa azienda di data analysis, si sono adoperati per creare una sorta di clone, ovvero, Emerdata, sempre con sede in Gran Bretagna. In poche parole, Cambridge Analytica sarebbe di fatto risorta ma sotto un altro pseudonimo, e continuerà quindi a svolgere il suo stesso lavoro, sempre per fini politici ed elettorali… (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
ECCO COME RICATTARE I POLITICI
Finita sommersa da spese legali altissime e perdita quasi totale di clienti, Cambridge Analytica chiude ma continua a dirsi innocente: “Negli ultimi mesi Cambridge Analytica è stata oggetto di numerose accuse infondate e, nonostante gli sforzi della società di correggere le informazioni, è stata denigrata per attività che non solo sono legali ma sono ampiamente accettate” si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall’azienda. Eppure la storia di come nacque l’azienda dovrebbe far capire alcune cose. Nata nel 2013 come progetto collaterale dell’azienda inglese Scl Group con i soldi raccolti dall’uomo di punta della destra americana Steve Bannon, aveva già nel suo dna lo scopo per cui era nata, nonostante si dichiarino innocenti. Tutto grazie a una app, This is your digital life, a cui si iscrissero 270mila creduloni di cui 57 italiani, riuscendo a mettere a rischio i dati 87 milioni di persone (di cui 214mila italiani). La botta finale, dopo le rivleazioni di un dipendente prontamente licenziato, si è dovuta a un giornalista di Channel 4 che si era finto potenziale cliente: aveva registrato tutto, anche i suggerimenti di tattiche elettorali con cui corrompere gli avversari per poi ricattarli usando anche le prostitute (Agg. Paolo Vites)
FACEBOOK LANCIA CLEAR CHANNEL
Con la fine di Cambridge Analytica, almeno per come abbiamo imparato a conoscerla in questi mesi, e con la “rivoluzione” di protezione dati rilanciata da Facebook dopo il datagate, lo scandalo può ben dirsi del tutto cancellato? Ecco, la certezza non la si ha e probabilmente non la si avrà mai (anche perché, giusto per una provocazione, vi siete mai chiesti cosa possa avere in mano Google delle nostre vite? Nessun complotto, solo semplice constatazione, ndr) ma di certo qualcosa dovrà cambiare in casa Zuckerberg se non si vuole che entro pochi anni si faccia la stessa o simile fine di Cambridge Analytica. Intanto all’ultimo evento di casa Facebook è stata lanciata la Clear Hystory, ovvero la nuova funzione di privacy che consentirà agli utenti di FB di poter eliminare i dati che lo stesso Facebook ha raccolto da app, siti, ecc. e che vengono utilizzati proprio come strumenti di pubblicità e analisi. In sostanza, è un modo di cancellare la propria cronologia Facebook rendendo più protetti i propri dati, «come la cancellazione dei cookie dalla cronologia del browser», ha giurato il fondatore americano. Gli utenti si sono adirati ad apprendere che avevano poco controllo su di essi dopo lo scandalo datagate e così Clear History potrebbe “calmare” gli animi, ma di fatto non potrà cancellare il problema che rimane alquanto aperto anche per i prossimi anni. Come del resto in Google, Apple, Amazon, eccetera…. (agg. di Niccolò Magnani)
SOLO UNA OPERAZIONE D’IMMAGINE?
La società Cambridge Analytica, coinvolta negli scorsi mesi nello scandalo riguardante l’utilizzo fraudolento di milioni di dati di utenti Facebook, ha deciso di chiudere. La fuga dei clienti unita alle spese legali esagerate, hanno indotto la stessa azienda ad abbassare le serrande per sempre. I dipendenti sono già stati avvisati, e come sottolineato dal quotidiano La Repubblica, hanno già restituito i computer aziendali. Ma siamo sicuri che si tratti di una vera e propria chiusura, e non di una semplice mossa di immagine, per “ripulire” in qualche modo la Scl, la multinazionale a cui appunto fa capo anche C.A.? Sono infatti moltissime le società facenti parte di questo enorme gruppo, e di conseguenza la Cambridge potrebbe chiudere solamente come nome, per riaprire miracolosamente da qualche altra parte, operando nello stesso modo, ma sotto uno pseudonimo differente. La cosa certa è che con lo scandalo scoppiato lo scorso mese di marzo, tutti gli utenti dei vari social network, saranno ora più attenti e consapevoli di ciò a cui possono andare incontro. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
CHIUDE CAMBRIDGE ANALYTICA
Chiude i battenti la società Cambridge Analytica. Probabilmente si tratta di una delle aziende più famose al mondo, ora come ora, ma anche fra quelle messe peggio finanziariamente. Molti di voi sapranno sicuramente che stiamo parlando della nota impresa che sfruttò i dati di milioni di utenti di Facebook, per fini politici, in particolare, per la campagna elettorale di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, e quella per la Brexit. Ovviamente, tutto ad insaputa degli stessi clienti del social network di Zuckerberg. A costringe la Cambridge Analytica ad andare definitivamente in archivio, i moltissimi clienti scappati dopo lo scoppio dello scandalo, nonché le spese legali per le cause che avevano raggiunto cifre incontenibili. L’azienda, che ha avviato le procedure di insolvenza in Gran Bretagna, ha diffuso una nota, per motivare la sua chiusura.
“NUMEROSE ACCUSE INFONDATE NEI NOSTRI CONFRONTI”
«Negli ultimi mesi – si legge – Cambridge Analytica è stata oggetto di numerose accuse infondate e, nonostante gli sforzi della società di correggere le informazioni, è stata denigrata per attività che non solo sono legali ma sono ampiamente accettate». Lo scandalo scoppiò precisamente lo scorso 17 marzo, quasi due mesi fa, dopo che il Guardian, l’Observer e il New York Times, pubblicarono in contemporanea l’utilizzo fraudolento da parte di C.A. di milioni di dati riguardanti i profili degli utenti social, a scopo politico e con l’obiettivo di creare un software che potesse influenzare il voto.