Don Michele Barone, dagli abusi sessuali alla camorra? Il programma “Le Iene” è tornato ad occuparsi del sacerdote arrestato per maltrattamenti e lesioni, oltre che abusi sessuali durante gli esorcismi. Ma è accusato dalle vittime anche di aver avuto atteggiamento da «camorrista» per alcune sue minacce. Inoltre, è emerso che è il cugino di un camorrista, pentito, che è a sua volta cugino di Zagaria. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di essere stato interpellato dal cugino per risolvere un problema: doveva allontanare una ragazza. Sì, perché don Michele Barone aveva anche delle fidanzate. E una di queste ha parlato proprio a “Le Iene”, svelando di aver avuto rapporti sessuali con don Michele Barone: «Ci incontravamo in una stanza per le confessioni. Lui mi diceva che avrebbe lasciato la Chiesa, i genitori lo hanno minacciato». E infatti il padre ha chiesto al nipote camorrista di aiutarlo: «C’era una ragazza per cui mio cugino aveva preso una sbandata. Il padre mi chiese di intervenire e risolvere il problema. Tentai di fare a modo mio».



DON MICHELE BARONE, DAGLI ABUSI SESSUALI ALLA CAMORRA?

Al di là della storia d’amore, ciò che rende interessante la testimonianza dell’ex fidanzata sono gli atteggiamenti del sacerdote, il cui processo comincerà il 19 giugno. «A lui piacevano soldi, macchine e cose griffate. Era un traffichino… Una volta al mese cambiava scheda, mi chiedeva di spendere soldi falsi…». Una versione che trova conferma nelle dichiarazioni del cugino collaboratore di giustizia: «Non so dire come facesse ad avere soldi. Il suo tenore di vita era incompatibile con quello di sacerdote. Ciò che faceva lui non se lo poteva permettere un sacerdote». L’ex fidanzata sostiene che don Michele Barone avesse rapporti anche con un finanziere, per il cugino è di «San Marcellino». Quest’ultimo ha aggiunto nelle sue dichiarazioni che don Barone «aveva ottimi rapporti con le forze dell’ordine. Era il cappellano del carcere». Il boss pentito dal carcere dice di essere «certo che potesse essere investito di ambasciate dal carcere verso l’esterno». E fa i nomi di Diana Luigi, o’ Manovale, e Panaro Nicola, uno dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia.

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