Facebook mette al primo posto la privacy. In un periodo in cui il social network è stato spesso e volentieri al centro di casi di “raggiro” dei propri utenti, questa volta, si comporta in maniera diligente… forse troppo. Nonostante un giudice federale abbia chiesto che l’azienda di Mark Zuckerberg potesse accogliere la richiesta di Ivrea di accedere alle chat di Gabriele Defilippi, la stessa azienda californiana ha risposto dicendo che «le informazioni richieste non hanno pertinenza con il reato commesso». Defilippi è stato condannato a 30 anni di carcere per aver truffato e ucciso Gloria Rosboch, professoressa americana, durante il mese di gennaio del 2016.



LA RICHIESTA DEI MAGISTRATI

I magistrati italiani avrebbero voluto accedere alle conversazioni di Gabriele con la madre, Caterina Abbattista, accusata anch’essa dell’omicidio della povera professoressa americana di cui sopra, per cui domani verrà richiesta la condanna. Nelle chat si sarebbero sicuramente potuti scoprire dei dettagli in più sulla vicenda, ed in particolare, il coinvolgimento della donna. Ma Facebook ha consegnato ai magistrati del Bel Paese soltanto qualche dato inutile e niente più, e di conseguenza, gran parte della verità non verrà mai a galla. Gli inquirenti italiani si erano insospettiti perché le chat di Fb fra madre e figlio erano state cancellate dal pc: il quartier generale del social le avrebbe potuto recuperare, ma così non avverrà…

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