Don Mauro Galli, 38 anni, è il prete finito a processo con l’accusa di aver abusato di un ragazzino appena 15enne nella sua abitazione di Rozzano, nel milanese. I fatti risalgono alla notte tra il 19 ed il 20 dicembre 2011. E’ lo stesso ex sacerdote ad ammettere di aver dormito nello stesso letto con il giovane, all’epoca dei fatti minorenne, ma di non aver compiuto alcuna violenza, a dispetto delle accuse. “Dormire nello stesso letto con un minore è cosa da non fare”, dice categorico, prima di rievocare in aula, davanti al giudice, quanto accaduto quella notte di quasi sette anni fa nella sua abitazione: “Quella notte non l’ho abbracciato, non ho compiuto gli atti sessuali che mi vengono contestati. Non provavo attrazione per lui”. Solo dopo, avrebbe aggiunto, avrebbe preso piena consapevolezza dell’accaduto, ovvero quando “don Alberto Rivolta si arrabbiò moltissimo e capii di aver commesso una leggerezza”. A riportare le dichiarazioni del Don che considera leggerezza le presunte violenze a scapito dell’allora minorenne è il quotidiano La Verità. Era il periodo di Natale quando, subito dopo la confessione, l’allora prete invitò il ragazzino a dormire a casa sua. In quel letto matrimoniale però, secondo don Mauro non accadde nulla, al contrario di quanto riferito dalla presunta vittima nell’ambito dell’incidente probatorio. In sua difesa, il Don aveva raccontato come e quando aveva conosciuto il giovane parrocchiano, ovvero nell’estate 2011 in oratorio. Dopo essere riuscito a far conquistare la sua fiducia, l’uomo aveva appreso alcune difficoltà scolastiche del ragazzo, per questo motivo era solito invitarlo nel suo ufficio dove lo aiutava nello studio. Ma come finì il ragazzino nel suo letto? A sua detta avvenne tutto quasi per caso. Precedentemente aveva consigliato ai genitori di non assecondare le fragilità scolastiche del figlio ma quando lui lo venne a sapere si arrabbiò e decise di allontanarsi da casa. Andò dal prete ma quest’ultimo gli spiegò che avrebbe dovuto chiedere il permesso alla famiglia. Quella sera però c’erano le confessioni e i genitori acconsentirono.
LA VERSIONE DEL PARROCO A PROCESSO
Cosa avvenne, quindi, tra don Mauro ed il parrocchiano 15enne la notte del 19 dicembre 2011? “Ci siamo seduti sul divano, abbiamo parlato un po’ dei suoi problemi: lui vedeva la vita in negativo, allora gli ho consigliato di appuntare ogni giorno su un quaderno una cosa positiva. Poi lui ha tolto il pigiama e lo spazzolino dalla cartella ed è andato in bagno”, è il racconto lucido reso dal parroco su quella fatidica sera. Dopo essere andato anche lui a compiere la stessa azione, di ritorno in camera lo avrebbe trovato in piedi con il caricatore del cellulare nella presa del comodino. Sebbene ci fossero altri letti nell’appartamento, prete e parrocchiano avrebbero dormito nel medesimo. “Quella notte ho dormito male, mi sono svegliato due volte. La prima perché il ragazzo russava, la seconda perché ha urlato. Ho acceso la luce e ho visto che era in bilico sul bordo, con la testa vicina agli spigoli del comodino. Allora l’ ho afferrato per una gamba e l’ ho trascinato nel letto per mettere in sicurezza la testa. Lui ha continuato a dormire”, è la versione del don. Il giorno seguente i genitori del ragazzo lo avvertono che il figlio si è sentito male a scuola e lo denunciano per abusi. A quel punto il prete capisce di aver commesso “una leggerezza”. A sua detta, spiega al pm, il ragazzo avrebbe mentito riferendo “opinioni sentite da altri”. Ma come reagì l’arcidiocesi di Milano? Semplicemente trasferendolo da Rozzano a Legnano, sempre a contatto con altri adolescenti in oratorio. La sua posizione resta ancora tutta da chiarire, a partire da quei 100mila euro partiti dal suo conto (pur dichiarandosi nullatenente) come risarcimento alla famiglia della vittima. Intanto il processo prosegue con l’analisi delle perizie e tra quelle della difesa ve ne è una interessante, sebbene non riconosciuta dalla giurisprudenza italiana, affidata ad un esperto internazionale, Enzo Lermol, psicologo esperto nel metodo Facs (Facial action coding system), in grado di individuare le menzogne dalle espressioni facciali. Don Mauro supererà la prova?