E’ tornato nella sua Bergamo, Papa Giovanni XXIII. Per dono di Papa Francesco, la salma di quello che è conosciuto anche come il “Papa Buono”, è ammirabile da oggi nella città orobica, e da domenica 27 maggio, a Sotto il Monte, paese che ha dato i natali a Sua Santità. Oggi la salma di Giovanni XXIII è stata portata presso il carcere di Bergamo, e ad accoglierla, fra i molti detenuti, vi era anche Massimo Giuseppe Bossetti. Il noto carpentiere di Mapello è ritenuto l’unico responsabile della morte della giovane Yara Gambirasio, rapita il 26 novembre del 2010 e ritrovata morta tre mesi dopo in un campo. Per quell’omicidio Bossetti è stato condannato all’ergastolo anche se lo stesso si è sempre dichiarato innocente. Il carpentiere bergamasco è stato immortalato dai fotografi presenti mentre si avvicinava alla teca del Papa e appoggiava la sua mano sul vetro. La salma è rimasta nel cortile del carcere per circa un’ora, prima di essere trasferita presso la cattedrale di Bergamo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO

In una lunga intervista rilasciata quest’oggi a L’Eco di Bergamo – in occasione dell’arrivo dell’urna di San Giovanni XXIII nella Bergamasca – Papa Francesco ha come sempre affrontare numerosi temi e risposto a moltissime domande, con non pochi “punti caldi” espressi tra rapporto con Islam, futuro della Chiesa e dell’Europa. Di certo quanto farà più discutere è quell’affermazione del Pontefice argentino riguardo alla presunta “equazione” tra terrorismo fondamentalista e Islam mondiale: secondo Papa Francesco, «l’equazione tra terrorismo e Islam sarà anche sulla bocca di tanti, ma è una menzogna e una sciocchezza», esprime senza giri di parole il Santo Padre. Non solo, ha voluto anche ribadire il ruolo “comune” che hanno le religioni al mondo, pur rispettando le specifiche differenze e particolarità: «è quello della promozione della cultura dell’incontro, insieme alla promozione di una vera educazione a comportamenti di responsabilità nel prenderci cura del creato».



TRA MURI E GOVERNI

L’intervista è stata anche l’occasione per ricordare il difficile tema della migrazione, specie quella di popoli musulmani (tenendo dunque presente il precedente appello lanciato a riguardo): «i muri si alzano per paura, per non vedere la sofferenza del fratello che può disturbare, si alzano per proteggere quanto invece andrebbe condiviso». Alzare un muro, secondo il Papa, «è chiudere il proprio cuore, sigillarlo come una tomba. Non è solo questione di generosità e neppure di solidarietà». La vera accoglienza, puntualizza il Pontefice ancora una volta, «non può che essere totalmente disinteressata, quella che costa sacrifici». La sfida del cristianesimo nei prossimi decenni sarà quella non tanto di “mantenere” un proprio feudo, ma di allargarsi sempre di più per andare ad insegnare ed educare il mondo sulla scia della memoria e parola di Gesù: così come per la politica – («mi preoccupano i disequilibri che sono sempre legati ad uno sconsiderato sfruttamento: degli uomini e delle risorse della natura. Però il vero compito della Chiesa non è far cambiare i governi, ma far entrare la logica del Vangelo nel pensiero e nei gesti dei governanti») – anche per l’intera società globale. Il cristianesimo ha dentro di sé la forza per rigenerarsi nella sua natura evangelica, ma credo – riferisce il Papa – non abbiano torto pensatori e teologi che dicono che il cristianesimo futuro o sarà più concretamente cattolico, universale, pienamente ecclesiale, rispettoso delle culture, l’Africa, l’Asia, l’America Latina…  o rischierà l’irrilevanza quanto alla proposta del Vangelo e alla salvezza del mondo».

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