7 anni e mezzo di carcere: questa la richiesta di condanna per l’ex presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni per il caso Maugeri e San Raffaele. Il procuratore generale ha infatti chiesto il massimo della pena per il politico, non meritevole di attenuanti per dei fatti definiti “gravissimi”. Nel corso della requisitoria il giudizio è stato realmente duro, con il procuratore aggiunto che non ha usato mezzi termini: “Questo processo – ha detto Laura Pedio – è stato caratterizzato da un grandissimo grado di omertà come tutti i processi per corruzione che oramai hanno assunto connotazioni simili a quelli di criminalità organizzata”, riportano i colleghi di Repubblica. Non è giunta ancora alcuna replica da parte dell’ex governatore lombardo, che come hanno sottolineato anche i procuratori si è sottratto inoltre a ogni confronto o interrogatorio. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
APPELLO FORMIGONI: ECCO LA CONDANNA RICHIESTA
Il massimo della pena, è quanto il procuratore generale ha chiesto per l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni nell’ambito del processo sul caso Maugeri. Si tratta, ha spiegato l’accusa, di “fatti gravissimi”: in primo grado era stato condannato a sei anni per corruzione. Adesso la pena richiesta è stata aumentata a sette anni e sei mesi di carcere. Si tratta naturalmente del secondo grado, Formigoni ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di patteggiare perché si ritiene del tutto innocente delle accuse per cui andrà al terzo grado cercando di smontare ancora una volta quanto la procura gli imputa, cioè aver ricevuto benefici economici sotto forma di vacanze e altro per una somma superiore ai sei milioni di euro. Ieri sempre nel corso dell’appello invece gli altri due accusati Pierangelo Daccò e Antonio Simone, che sarebbero gli imprenditori che avrebbero offerto secondo le accuse i soldi a Formigoni per avere un trattamento di primo piano nella sanità lombarda, hanno deciso di patteggiare con l’accusa.
DACCÒ E SIMONE PATTEGGIANO
Le pene inflitte in primo grado, 9 anni e due mesi per Daccò e 8 anni e 8 mesi per Simone, sono state così ridotte a 2 anni e 7 mesi per il primo e 4 anni, 8 mesi e 15 giorni per il secondo. Formigoni ha smentito di aver pensato anche lui al patteggiamento, con una richiesta di riduzione della pena a 2 anni. Su questo particolare le opinioni sono poco chiare, perché il procuratore ha dichiarato che mai avrebbero patteggiato una riduzione così bassa della pena. In sostanza l’accusa sostiene che Simone e Daccò avrebbero dato in tutto 6,6 milioni in benefit vari (uso di yacht, vacanze pagate, ristoranti di lusso) in cambio ottenendo per la clinica Maugeri con atti di giunta e rimborsi non dovuti una cifra pari a 300 milioni. Per l’accusa, Formigoni “si e’ sottratto costantemente a confronti e interrogatori nel corso delle indagini non ha reso esame dibattimentale e non ha voluto il confronto coi giudici. Per questo non merita nessuna attenuazione della pena e anzi deve essere aumentata”. Per Simone e Daccò invece il caso è chiuso (per ottenere il patteggiamento Simone ha dovuto subire la confisca di ogni bene privato in suo possesso).