Il caso di Nadia Pulvirenti, la giovane terapista 25enne uccisa a coltellate nel febbraio dello scorso anno all’interno della Cascina Clarabella di Iseo in cui lavorava, non si può dire del tutto chiuso. Ad ucciderla colpendola mortalmente con 10 colpi di coltello tra gambe e addome, fu Abderrhaim El Mouckhtari, marocchino 54enne ospite da cinque anni della medesima struttura nel bresciano e che si occupa della riabilitazione di persone con disabilità fisica e psichica. Quel giorno del 24 febbraio 2017, però, nella testa dell’uomo qualcosa andò storto e dopo essersi armato di un coltello da cucina, colpì ripetutamente la giovane educatrice che non riuscì a scappare in nessun modo dalla furia omicida del suo paziente problematico. Dopo essere stata accoltellata, il personale della struttura tentò di soccorrerla ma per Nadia Pulvirenti non ci fu nulla da fare, mentre il suo killer scappò a piedi nei campi per poi essere fermato subito dopo dai carabinieri, in stato confusionale e con i vestiti sporchi di sangue. Davanti agli inquirenti, nel suo primo interrogatorio il 54enne si avvalse della facoltà di non rispondere dopo aver chiesto di Nadia ed esposto la sua volontà di scusarsi con lei. Già quello rappresentò un sintomo evidente di come l’uomo non fosse del tutto consapevole di quanto commesso. Solo nei giorni scorsi, però, è arrivata la decisione del gup del tribunale di Brescia Alessandra Di Fazio nei confronti dell’assassino, assolvendolo. La motivazione è semplice: l’uomo sarebbe incapace di intendere e di volere. Ma non per questo “socialmente pericoloso”. Motivo per il quale lo stesso giudice ha deciso che Abderrhaim El Mouckhtari andrà in una Rems dove resterà per 10 anni.



IL SECONDO FILONE DELL’INCHIESTA

Come anticipato, però, il caso di Nadia Pulvirenti non può dirsi del tutto chiuso, almeno da un punto di vista processuale. Se infatti l’assoluzione dell’uomo ha rappresentato una notizia dolorosa per la famiglia della vittima, quest’ultima, come riporta Il Messaggero, è ora in attesa di conoscere l’esito di un’inchiesta parallela legata alla morte della terapista 25enne. Si tratta dell’inchiesta che vede coinvolti i responsabili della cooperativa Diogene, i quali si occupano dei servizi svolti all’interno della Cascina Clarabella di Iseo, ma anche i vertici dell’Asst di Chiari. In circa 10 sono iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio doloso. La domanda al centro dell’inchiesta è una: il delitto poteva forse essere evitato? Un’ipotesi, questa, inevitabile se solo all’interno della struttura fossero state impiegate le adeguate misure di sicurezza e prevenzione. Il sostituto procuratore Enrica Battaglia, sulla base di questo ha avviato il secondo filone d’inchiesta. Il responsabile della cooperativa Diogene ricorda perfettamente l’arrivo di Nadia Pulvirenti nella struttura: “La scelsi per l’entusiasmo. Perché condivideva il progetto di accompagnare le persone con disagio psichico all’autonomia. Per il modo in cui si era presentata, così, senza appuntamento, portando a mano le sue credenziali. Riconobbi subito in lei quello che fa la differenza nei lavori come il nostro: passione e dedizione”. La giovane si era laureata da poco quando iniziò a lavorare nel ruolo di terapista nella stessa struttura in cui ha trovato la morte.

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