Il 29 luglio è una data mica qualunque. Qui c’è da salvare la democrazia e la massima carica dello Stato, e guarda mo’ che te vanno a scegliere come giorno. A Mattare’, facce mente locale. Nel 1883 è nato a Dovia di Predappio Benito Amilcare Andrea Mussolini: se ne sbatteva gli zebedei dell’aula sorda e grigia dei legittimi rappresentanti del popolo. Nel 1900, stesso giorno, l’anarchico Gaetano Bresci uccide a Monza il re Umberto I di Savoia, che in tempi di monarchia — a Mattare’ nun te la prende — era tipo il presidente della Repubblica adesso. Non è che noi siamo superstiziosi: è la data che porta sfiga.
Comunque, siete ancora in tempo a ripensarci.
Sennò…
Con le pinne, il fucile e gli occhialiii…
Salumiere di Meneguzzo sul Serio. Pinne sotto braccio, insieme alla Gazzetta, occhiali scuri e vistosi tipo Paola Borboni. Il fucile lasciamo perdere, lo so io a chi sarebbe da spararci, mìca ai pesci. Visiera tipo Trump e mutandoni attraccati sotto una tripla panciotta alla Budda.
Domenica 29 luglio. Elezioni politiche infradito.
“Scusi, ragioniere, sa mica dirmi dov’è il seggio 8?”
“Di Miramare o di Marebello? O di Rivazzurra?”
“Rivazzurra”
“Ah, guardi. E’ al bagno 132. E’ facile. Lei passa il chiosco dei noci di cocco, dopo c’è la Mina quella delle piade, subito dopo c’è il bagno di Elvis e Christian. Il 132. Caso mai ci domanda alla Mina”.
Il ragioniere ha già votato al seggio 6, bagno 76 Il Cigno, di buon’ora perché tra poco ritira le valigie alla Pensione Dandy, tre stelle meno meno, frizzantino di benvenuto sedicente Brut e ombrellone compreso nell’offerta “paghi sei, pernotti 7 e voti”. Ritira anche la famiglia, e fa una partenza intelligente. Trecento chilometri di A14 a passo d’uomo, ma d’uomo che ha fatto il suo dovere democratico. Ancora.
Il salumiere di Meneguzzo ha superato i noci di cocco (non è un refuso, è che lui li chiama al maschile), verifica se è tutto a posto. “Carta d’identità? Celo. Nel taschino di retina interno vicino ai…. ehm. Certificato elettorale? Celo, sempre lì. E dove altro potrei metterlo?”.
Il seggio è una sauna. Il presidente, in mutande di popeline e infradito, si deterge e invita all’ordine. Una scrutatrice sui 50 e passa, in topless vetero-femminista griffato Boldrini, si ventila con una scheda annullata. Un venditore, nero, di granite, in infradito, viene respinto dalle guardie padane, in mutande verdi e infradito. Il salumiere riceve la matita copiativa, se la depone d’istinto — data la professione — sopra l’orecchio destro; riceve le schede; entra nella cabina, gonfiabile, gentilmente offerta dall’Acquaplanning Park Splash di Viserbella. “E adesso che cazzo voto?”.
Luglio, estate col caldo al massimo, quella strepenata settimana di chiusura negozio contrattata con i colleghi-concorrenti salumieri, la pensione completa tutto compreso prenotata prima delle precedenti elezioni, vuoi anche che la passi studiandomi i contratti riveduti e (s)corretti di Salvini e Di Maio o Di Lujo, o Di Battista, o Di Qualcosa?
Mamma mia, com’è difficile salvare la democrazia in infradito.