Carissimi, iniziare il pellegrinaggio con questa domanda – «Che cercate?» -, unisce tutti voi che camminate verso la Santa Casa di Loreto. Tutti infatti cerchiamo. «Cerchiamo con il desiderio di trovare, e troviamo con il desiderio di cercare ancora», diceva il grande sant’Agostino. E giustamente, perché noi siamo sete di vita e non ci accontentiamo finché non troviamo ciò che la sazia. Possiamo fare di tutto per mettere a tacere il cuore, possiamo perfino pensare di essere sbagliati non essendo mai soddisfatti da quello che troviamo, e invece questo è proprio il segno della nostra grandezza.



 

Tra di voi ci sono tanti che hanno già incontrato il Volto che cercavano, ma non si sono fermati, infatti continuano a cercarLo per vivere una familiarità sempre più profonda con Gesù. È questo che ci fa guardare chiunque incontriamo come compagno di strada. Diceva don Giussani: «La grandezza della fede cristiana, senza nessun paragone con qualsiasi altra posizione, è questa: Cristo ha risposto alla domanda umana. Perciò hanno un destino comune chi accetta la fede e la vive e chi, non avendo la fede, si annega dentro la domanda, si dispera nella domanda, soffre nella domanda». Perciò il pellegrinaggio è una grande occasione di testimonianza per quanti arrivano.



 

Immaginate come si devono essere sentiti Giovanni e Andrea quel giorno: cercavano Giovanni il Battista e hanno trovato Gesù. Lo hanno seguito. Lui avrebbe potuto fare finta di niente e invece ha rivolto loro quella domanda a bruciapelo: «Che cercate?», che portava a galla il loro cuore. Quello sconosciuto si interessava di loro! In quel momento hanno compreso che cosa cercavano. Ma la loro fame e sete di vita non si sono estinte, ma sono diventate fame e sete di Lui. Per questo Lo hanno seguito fino a casa e il giorno dopo si sono svegliati con una voglia matta di rivedere Gesù.

 

La sfida più grande con la quale un uomo si possa cimentare è quella di conquistare il significato della propria vita. «Accettate la sfida?», ha domandato il Papa ai giovani. Non pensiate che occorrano doti particolari, una intelligenza superiore alla media o uno sforzo da energumeni per affrontarla. Basta una sola cosa, alla portata di tutti: essere semplici di cuore, come un bambino.



 

Eppure quante volte sentiamo ripetere: «Io non sono ingenuo come un bambino» da parte di adulti che credono di sapere come stanno le cose e perciò non cercano più, pensando di essere diventati grandi. Ma così facendo si perdono il meglio, perché rimanere nell’atteggiamento originale in cui veniamo creati, con gli occhi spalancati davanti al reale – proprio come i bambini -, è la condizione per diventare veramente grandi. Perché? Perché solo questa semplicità consente di vedere e riconoscere ciò che corrisponde alla propria ricerca.

 

A chi non piacerebbe guardare costantemente la persona amata con lo stupore della prima volta, come un dono tanto desiderato quanto imprevisto? Questa semplicità è da recuperare ogni giorno, non è scontato rimanere bambini quando si diventa grandi. È in un cammino che cresce la consapevolezza dell’iniziativa di Dio nella nostra vita, che sempre ci precede, come dice papa Francesco.

 

Perciò vi auguro di essere compagni di strada questa notte, e soprattutto tutti i giorni che vi attendono, armati solo del vostro cuore che non cessa mai di cercare l’Amico. E quando l’ha trovato, continua a cercarLo per conquistare quella familiarità unica che cambia lo sguardo sulla vita. Domandate alla Madonna di darvi un cuore di bambino, sempre all’erta, per intercettare i segni di Colui che non si stanca mai di venirci a cercare.

 

Vostro compagno di cammino

 

don Julián Carrón