Attimi di forte tensione dopo la lettura della sentenza circa il caso Uva, durante la quale la Corte d’Assise e d’Appello di Milano ha assolto i carabinieri e i poliziotti coinvolti, rigettando la richiesta di 13 e di 10 anni per i sei. A perdere le staffe è stata in particolare la nipote di Giuseppe Uva, Angela, che ha iniziato a inveire nei confronti dei giudici e degli avvocati della difesa, sostenendo l’ingiustizia subita. Presente in aula anche la madre di Uva, che ormai da anni si batte legalmente per ottenere giustizia, anche a costo di rimanere sul lastrico, nonché un’altra donna, probabilmente la zia di Giuseppe, nonché sorella della precedente donna. Un video che è stato pubblicato dall’edizione online del quotidiano Il Giorno (che potete trovare qui), in cui si nota anche l’intervento di un avvocato, che risponde a muso duro alla nipote di Uva dopo che quest’ultima ha gridato “Siete delle brutte persone”. Lui ha replicato più volte “Non si permetta”. I toni stavano per accendersi ma fortunatamente i due “duellanti” sono stati allontanati, e nel giro di pochi minuto il tutto è tornato alla normalità. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
I PARENTI GRIDANO ALLO SCANDALO
Si è concluso senza colpevoli il processo di secondo grado nel quale si sarebbe dovuto fare luce sulla morte di Giuseppe Uva. Tutti e sei i poliziotti così come i due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale sono stati assolti perché, come espresso dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano “il fatto non sussiste”. Dopo il verdetto, che sostanzialmente ha confermato quanto già emesso in primo grado, si sono vissuti momenti di forte tensione, come riporta l’agenzia di stampa Ansa. La nipote di Giuseppe, Angela, subito dopo la lettura della sentenza ha urlato in aula tutta la sua rabbia. Il Giorno ha riportato il suo sfogo più che giustificato: “La legge non è uguale per tutti. Sono anni che infangate il nome di mia madre e di mio zio e non avete mai avuto rispetto della nostra famiglia”. Gli imputati, presenti in aula, insieme ai loro legali hanno invitato la donna a calmarsi ma Angela ha proseguito nella sua personale protesta ed allontanandosi ha urlato: “Per 10 anni ci hanno infangato mentre noi non lo abbiamo mai fatto”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
SENTENZA D’APPELLO: NESSUN COLPEVOLE
La morte di Giuseppe Uva resta senza colpevoli. La Corte d’Assise e d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Varese. I due carabinieri a processo per omicidio preterintenzionale, Paolo Righetto e Stefano Dal Bosco, e i sei poliziotti accusati a vario titolo di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona sono stati assolti. «Il fatto non sussiste». Giuseppe Uva fu fermato dieci anni fa, il 14 giugno 2008, dai due carabinieri mentre stava spostando le transenne dal centro di Varese. Fu portato in caserma e poi trasportato con trattamento sanitario obbligatorio (TSO) all’ospedale di Circolo di Varese, dove morì la mattina successiva per arresto cardiaco. Il sostituto procuratore generale Massimo Gaballo aveva chiesto la condanna a 13 anni per i due carabinieri e a 10 anni e mezzo per i sei agenti, Vito Capuano, Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Focarelli Barone, Bruno Belisario, Gioacchino Rubino. Per Gaballo la morte di Uva fu una conseguenza, insieme ad altre cause, tra cui una sua pregressa patologia cardiaca, delle “condotte illecite” degli imputati. Secondo l’accusa, i due carabinieri decisero di “dare una lezione” al 43enne che si sarebbe vantato di una presunta relazione sentimentale con la moglie di uno dei due. Differente la tesi dei difensori degli imputati, secondo cui non ci fu “nessuna macelleria e nessuna azione di violenza” e l’accusa “è stata gonfiata” per effetto di “di un aspetto mediatico e televisivo che ha spettacolarizzato la vicenda”. La Corte d’Assise e d’Appello di Milano ha dato loro ragione.
CASO UVA, ASSOLTI IN APPELLO CARABINIERI E POLIZIOTTI
Alberto Bigioggero, che quella sera era con Giuseppe Uva, ha raccontato che uno dei carabinieri, quando li vide, disse: «Proprio te cercavo, questa notte non te la faccio passare liscia». Una lezione legata al fatto che Uva si sarebbe vantato di aver avuto una relazione con la moglie del carabinieri. Inoltre, ha raccontato di aver visto i carabinieri percuoterlo prima di caricarlo in macchina e di averlo sentito urlare “ahia” in caserma. Per il pg, Bigioggero «era perfettamente capace di intendere e di volere», nonostante «i problemi psichiatrici e l’abuso di alcol». Nel corso dei vari interrogatori, «ha sempre mantenuto fermo il nucleo fondamentale delle sue dichiarazioni, nonostante le modalità degradanti con le quali è stato sentito da accusa e difesa durante le indagini e il processo di primo grado». Contro di lui si sono scagliati invece i legali della difese. L’avvocato Duilio Mancini sintetizza così la posizione delle difese: «Questo testimone ha avuto una serie impressionante di ricoveri per problemi psichiatrici, è tossicodipendente e facilmente suggestionabile. Si è calato nel ruolo di protagonista principale partecipando a numerose trasmissioni televisive e alimentando con le sua calunnie il processo mediatico».