E’ arrivata la smentita ufficiale da parte dell’Ospedale di Lodi, riguardo la possibilità di abbracciare un protocollo pro-Islam, dedicato all’interno della struttura sanitaria esplicitamente per i paziendi di fede musulmana. Nessun protocollo Islam all’ospedale di Lodi, ma solo una naturale attenzione alle diverse esigenze di tutti i pazienti“, ha dichiarato l’Ospedale di Lodi all’agenzia ADN Kronos. “Da chiarimenti fra la direzione generale dell’Asst e Daniele Blandini (primario di chirurgia nella struttura, ndr)  è emerso un fraintendimento riguardo l’attribuzione all’azienda di una normale forma di attenzione che il medico applica all’interno del suo reparto, pur senza essere codificata in una procedura ad hoc o in una istruzione operativa“. Dunque nessun protocollo ad hoc per i pazienti islamici della struttura, possibilità che aveva scatenato l’ira di alcuni esponenti politici, Giorgia Meloni in primis. (agg. di Fabio Belli)



GALLERA: “SANITA’ UGUALE PER TUTTI”

L’assessore alla Sanità della Regione Lombardia sembra smentire la notizia apparsa sul quotidiano di Lodi prima e poi in tutti i canali nazionali del presunto protocollo pro-Islam in adozione all’ospedale della cittadina lombarda, “a tutela delle pazienti di fede musulmana”. In una nota resa pubblica questo pomeriggio, Giulio Gallera scrive che «L’Asst di Lodi ha già smentito categoricamente la notizia, sottolineando che l’unica prassi diffusa nelle strutture dell’Azienda è la sensibilità e il rispetto per il paziente». Nella prima parte del documento ufficiale dell’assessore si fa riferimento anche ai motivi per cui non dovrebbero e non potrebbero apparire sul suolo lombardo “protocolli” del genere, visto che «Nessuna corsia preferenziale, nessuna norma ad hoc, nessuna modifica delle protesi e dei sussidi medicali, noi agiamo mettendo al centro il paziente, la persona, senza farci condizionare dall’etnia, cultura o credo religioso. L’unico obiettivo delle nostre strutture sanitarie è offrire la migliore presa in carico». Resta dunque il mistero rispetto a quanto avvenuto all’ospedale di Lodi e dovranno essere gli stessi dirigenti della struttura ospedaliera a chiarire una volta per tutte quanto avvenuto nelle ultime decisioni della direzione che si dicono “concordate” con alcuni esponenti della comunità islamica. (agg. di Niccolò Magnani)



GIORGIA MELONI, “NO ALLA SHARIA IN ITALIA”

L’Ospedale di Lodi ha varato un presunto protocollo interno ad hoc per le donne di religione islamica dopo che era stata fatta richiesta alla direzione sanitaria dalla stessa comunità locale. A dare risalto al fatto, che fino a poche ora fa aveva solamente una rilevanza locale, è stato un articolo online ripreso in un post di fuoco vergato su Facebook da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ha attaccato pesantemente la scelta e ha messo in guardia da una possibile diffusione della Sharia in Italia. Infatti, la struttura sanitaria lodigiana aveva accolto le richieste avanzate da alcuni cittadini musulmani e in seguito Daniele Blandini, primario del reparto di Chirurgia Plastica ha steso un vero e proprio protocollo che in seguito è stato approvato dalla direzione ospedaliera e concordato con alcuni esponenti della comunità islamica. Tra i punti più controversi che hanno portato alla dura presa di posizione della Meloni c’è l’obbligo di impiegare solamente infermiere (e non infermieri) nei reparti in cui sono ricoverate donne musulmane e anche il divieto di utilizzo di membrane di origine suina per le protesi.



NO A PROTESI DI ORIGINE SUINA E A PERSONALE MASCHILE

Insomma, il presunto protocollo pro-Islam varato dall’Ospedale di Lodi sta facendo discutere anche perché, di fatto, va contro i regolamenti in vigore presso le altre strutture sanitarie del nostro Paese. Steso rispondendo ad alcune istanze portate avanti dalla comunità islamica che fa capo alla moschea di Lodi Vecchio, il suddetto protocollo viene però difeso da Blandini che spiega come “l’esigenza nasce dal fatto che le tecniche ricostruttive più moderne prevedono talvolta, dopo l’asportazione del tumore: noi abbiamo fatto delle ricerche per individuare delle aziende che fornissero materiali differenti, per andare incontro alle esigenze delle donne di religione islamica” ha raccontato, aggiungendo che la direzione dell’Ospedale ha trovata una ditta che utilizza, con la stessa funzione, il pericardio del cavallo. Ad ogni modo, le parole del primario non sembrano aver convinto molti che criticano proprio l’impostazione di questo regolamento e tanto che qualcuno già parla di una sanità italiana che comincia a piegarsi ai voleri di un’altra religione.

GIORGIA MELONI, “LA SHARIA NON SARA’ MAI LEGGE QUI”

Tra le prime a scagliarsi contro questa decisione, come detto, c’è Giorgia Meloni: nel suo post su Facebook la leader di Fratelli d’Italia ha spiegato che, a nome del suo partito, presenterà quanto prima assieme a tutti parlamentari eletti in Lombardia “una interrogazione urgente per bloccare questa follia”, aggiungendo che “la sharia non sarà mai legge in Italia!”. A farle eco, un’esponente lombardo della Lega, Paolo Grimoldi: il deputato ha infatti criticato quella che sarebbe una integrazione finta, puntando il dito contro quello che potrebbe diventare un pericoloso precedente. “Questa sarebbe integrazione? Questa è discriminazione, verso il personale medico e sanitario maschile e verso le donne, di ogni religione o nazionalità. Ma da un punto di vista organizzativo e gestionale si tratta di un precedente grave perché da adesso le comunità islamiche pretenderanno di avere personale femminile anche negli altri reparti e a seguire lo pretenderanno negli altri ospedali” ha detto, aggiungendo che la sanità lombarda è un’eccellenza che però non dovrebbe “assecondare vizi e capricci di chi qui deve integrarsi e non imporre il suo modo di vivere”, specialmente se poi la donna viene considerata inferiore dagli stessi esponenti di quella religione. “Nessun protocollo Islam all’ospedale di Lodi, ma solo una naturale attenzione alle diverse esigenze di tutti i pazienti”: è questa tuttavia la replica arrivata da parte dei vertici della struttura sanitaria che precisa come si sia trattato di un fraintendimento e che quello che il dotto Daniele Blandini attua nel suo reparto non è un “regolamento codificato” o una procedura ad hoc valida in tutto l’Ospedale.