Due fatti di cronaca che avvengono in due città vicine, simili per circostanze ma in realtà totalmente indipendenti, hanno il potere di obbligarci a pensare, ci fanno guardare, come quando delle nubi viste da terra formano delle immagini che solo noi vediamo come eloquenti e significative e che ci aiutano a interpretare la nostra vita.



Nella stazione di Crema un nigeriano aggredisce un 22enne senegalese, probabilmente per un regolamento di conti o per rubare una bicicletta, e cerca di buttarlo sotto un treno; non riuscendoci, lo lascia a terra ferito e si dà alla fuga. A La Spezia un fatto di segno totalmente opposto. Una bambina di 9 anni sorpassa di molto la linea gialla mentre sta transitando fragorosamente un Frecciabianca e, a quella vista, Mariachiara Nuzzo, un ragazza 24enne, si avventa sulla fanciulla e, a forza, la strappa lontano pochi attimi prima del passaggio di un treno che l’avrebbe certamente travolta.



Un 22enne usa un treno per prendersi una vita, una 24enne usa un treno per donare la propria vita. Il celeberrimo versetto “mors et vita duello conflixere mirando”, la morte e la vita si battono in uno stupefacente duello, si ripete sui binari: la famosissima sequenza gregoriana “Victimae paschali” che cantiamo ogni veglia pasquale echeggia negli spazi di una stazione ferroviaria. Un treno, come un tram o una metropolitana, non è né una carovana del deserto, né una diligenza, né un calesse ma indica, simbolicamente, uno snodo ben preciso della storia della civiltà: la metropoli moderna, le città, la divisione del lavoro, la rivoluzione industriale, la capacità dell’uomo di costruire tecnologia. Il treno è un simbolo potentissimo di cosa l’uomo sia capace di fare. Ne sono radicalmente convinto, forse perché ricordo quando da bambino mio padre mi portava su un ponte sopra la ferrovia a guardare “i treni che passano”.



Un treno e due città. Un treno e due persone che agiscono in modo opposto. In un caso si dà vita e in un caso si dà morte. Ecco perché quando sulla stessa schermata ho visto passare le due notizie mi sono fermato, sorpreso. Le scelte opposte di quelle due persone dicono che siamo proprio noi a costruire il mondo. Non è il mondo a costruire noi, ma noi a fare il mondo. Non è il treno che uccide o salva, ma siamo proprio noi. Con l’amore possiamo fare nuove tutte le cose o renderle vecchie come Caino. Basta poco perché un elemento, di per sé neutrale, si trasformi in strumento di gioia e di vita oppure in messaggero morte. Dai una croce a un aguzzino e ne farà uno strumento di oppressione e di violenza. Dalla a un altro Uomo e ne farà lo strumento per salvare il mondo.

Le cronache raccontano che Mariachiara si è stupita dell’ammirazione che il suo gesto ha sollevato: l’avrebbe fatto chiunque, avrebbe dichiarato. Come i buoni del Vangelo di Matteo capitolo 25 che chiedono a Gesù “quando siamo stati buoni?”