Prenderà il via il prossimo 22 giugno, con la prima udienza, il processo a carico di Monsignor Carlo Alberto Capella, prete rinviato a giudizio dopo l’arresto dello scorso aprile per pedopornografia. Il sacerdote di origini emiliane apparteneva alla diocesi di Milano dalla quale aveva preso il via il suo percorso clericale ed è stato funzionario della nunziatura di Washington. A decidere il suo rinvio a giudizio è stato il Tribunale Vaticano dopo la scoperta di una grande quantità di materiale porno e pedopornografico in suo possesso. Come spiega Repubblica.it, il materiale era stato rinvenuto sul pc del monsignore e sarebbe stato scaricato durante un suo soggiorno in Canada avvenuto tra il 24 ed il 27 dicembre 2016. La diocesi di London, in Ontario, dopo aver ricevuto una richiesta di aiuto per l’indagine avrebbe accettatola propria assistenza. Secondo quanto emerso, il prete avrebbe violato la legge sulla pornografia infantile usando un “indirizzo di un computer in una chiesa locale”. L’indagine a carico del diplomatico del Vaticano, monsignor Capella, vanta così la collaborazione tra le autorità giudiziarie vaticane e nordamericane ed ha preso il via dopo l’apertura di un fascicolo, il 15 settembre scorso, da parte del promotore di giustizia vaticano in seguito alla denuncia del Dipartimento degli Stati Uniti.
LE ACCUSE AL DIPLOMATICO DELLA SANTA SEDE
Un ordine di arresto nei confronti di monsignor Capella era già stato emesso in Canada, poco prima delle accuse giunte dagli Stati Uniti, nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla polizia dopo una segnalazione giunta dal Centro nazionale di coordinamento contro lo sfruttamento dei bambini. Secondo quanto spiegato dalla Santa Sede in una nota, l’imputato ora in attesa del processo è attualmente detenuto in una cella della caserma del Corpo della Gendarmeria, a disposizione dell’autorità giudiziaria. “Nella requisitoria del 30 maggio 2018 il Promotore di Giustizia, ritenendo sufficienti le prove acquisite, aveva chiesto che il giudice istruttore dichiarasse chiusa l’istruzione formale e disponesse con sentenza il rinvio a giudizio dell’imputato”, ha aggiunto il Vaticano. Sempre secondo quanto ricordato dalla Sala stampa vaticana, il reato contestato a monsignor Capella “è quello di pedopornografia nelle particolari fattispecie previste e punite dagli articoli 10 e 11 della legge n. VIII del 2013 (detenzione e scambio di materiale pedopornografico con l’aggravante dell’ingente quantità)”.