Il prossimo 14 giugno il Parlamento argentino voterà sulla modifica alla legge sull’aborto che da mesi sta scatenando proteste e divisioni nella società sudamericana, con manifestazioni e rivolta pacifica del popolo pro-Life sotto l’inno (divenuto hashtag) #salvemoslasdosvidas (Salviamo le due vite). Un momento chiave e centrale per la vita non solo politica della tormentata società in Argentina passerà da quel voto per il quale oggi l’audizione di Padre Pepe Di Paola – celebre “cura villero” tra i poveri di Buenos Aires – in Parlamento ha scatenato un’autentico putiferio con echi anche internazionali. Rosario, Mendoza, Cordoba, La Plata, Tucuman e ovviamente Buenos Aires: lo scorso 10 giugno tutte le piazze argentine sono state riempite da manifestazioni di protesta contro la modifica di legge sull’aborto che verrà votata giovedì in Parlamento: l’attuale testo, che i pro-Life chiedono di far rimanere intatto, prevede l’interruzione di gravidanza (IVG) circoscritto solo nei casi di violenza, incesto o pericolo grave per la salute della madre. Gli abortisti e progressisti invece pongono la modifica per estenderlo fino alla 14esima settimana (a metà fra il terzo e il quarto mese di gravidanza, più del limite imposto dalla legge italiana vigente) e soprattutto aperto anche alle adolescenti. In 112 deputati si sono già detti favorevoli – appoggiati dal presidente Macrì – mentre 115 al momento sono contrati, ma il voto penderà sui 30 ancora indecisi che potrebbero stravolgere l’esito del voto dall’enorme interesse popolare.



L’APPELLO DI PADRE PEPE DI PAOLA

In questa situazione, l’udienza parlamentare avvenuta oggi con il famoso Padre Pepe ha avuto un effetto imponente non solo sull’opinione pubblica: in sostanza, il prete che ha speso una vita nelle villas miseria di Buenos Aires ha voluto denunciare l’aborto come “contropartita” chiesta dal Fmi (Fondo Monetario Internazionale). «Negli ultimi 50 anni questo gruppo di sacerdoti delle villas (baraccopoli) è stato testimone di molte proposte di morte. Sono morti catechisti, religiosi e sacerdoti, uccisi dalla dittatura, dal traffico di armi e droga e continuano a morire adolescenti e giovani. Non abbiano necessità di aggiungere altre morti!», ha inveito il sacerdote argentino davanti ai parlamentari in audizione. In un discorso lungo 7 minuti – riportato in gran parte dall’Avvenire qui in Italia – Padre Pepe ha voluto ricordare che una scelta veramente femminista è quella di «rivendicare i diritti della donne e proteggere la vita» accusando in larga parte la società politica che negli anni ha abbandonato i veri bisogni del popolo e delle stesse donne.



L’ATTACCO A MACRÌ E AL FMI

«Non è che molti legislatori e funzionari impegnati nel sociale si sono ormai rassegnati e hanno smesso di cercare soluzione reali per aiutare le donne povere ad affrontare la loro dura quotidianità o i bimbi abbandonati o schiavizzati dal narcotraffico?», provoca il sacerdote, prima della frase che ha scatenato le polemiche in tutta l’Argentina, «Aborto è sinonimo di Fmi, le guste o no al mondo conservatore il quale vede di buon occhio che i poveri abbiamo meno figli, o nessuno», ha spiegato il prete ricordando come campagne abortiste siano state sostenute in passato da Robert McNamara, «ex segretario di Stato Usa, responsabile dei bombardamenti più brutali in Vietnam». Secondo Padre Pepe non è casuale la scelta del presidente Macrì di avanzare la proposta di depenalizzazione dell’aborto («non inclusa nel programma elettorale che lo ha portato al potere») e la conseguente richiesta di aiuto del governo al Fondo monetario internazionale. Attacco finale all’intero mondo progressista: «ventolate le bandiere di una presunta libertà della donna di disporre del proprio corpo, però sembrate ignorare che questo genocidio è ispirato e promosso dal Fmi. I nostri quartieri hanno necessità di proposte di vita degne e di una società che protegga i più deboli, non che li scarti come rifiuti tossici».

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