La comunità aveva accolto pienamente il clochard bruciato vivo. L’uomo era solito chiedere l’elemosina ma senza arrecare alcun disturbo, come emerso dalle testimonianze dei residenti di Zevio. Al contrario, a dare fastidio al 64enne sarebbero stati due minori, i quali, come dichiarato agli inquirenti, avrebbero agito “per noia” bruciandolo vivo ed uccidendolo. La vita in diretta estate ha ripercorso il drammatico caso a partire dalle intercettazioni choc dei due minori. I due si sono rimpallate le colpe davanti agli inquirenti. Ad intervenire nel corso della trasmissione di RaiUno, dando un suo commento sulla drammatica vicenda è stata la giornalista e conduttrice Rita Dalla Chiesa che, in modo preoccupato ha spiegato: “Sono senza parole… vuol dire che noi adulti abbiamo realmente sbagliato tutto, noi adulti, come famiglia, come scuola… Uccidere per noia perché tu ti sei messo in testa che devi fare del male a una persona o ad un animale è ancora più drammatico. Mi piacerebbe sapere se i loro genitori stanno così male come stiamo noi nel sentire queste cose”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LE VERSIONI DEI DUE MINORI NON COMBACIANO
I dettagli emersi dall’interrogatorio dei due minori accusati di aver dato alle fiamme, uccidendolo, un senzatetto nella sua auto a Zevio sono sconcertanti. Gli stessi dettagli fanno chiarezza anche sull’assenza di un vero movente dietro quel gesto violento. Gli stessi ragazzi avrebbero spiegato come l’omicidio di Ahmed sia stato di fatto immotivato, frutto della noia. Il 13enne ed il 17enne avrebbero raccontato di non aver avuto nulla da fare quel 13 dicembre scorso. Da qui avrebbero iniziato ad infastidire il clochard. Inquietanti, poi, le intercettazioni dei messaggi in cui i due si confidavano sui loro “sogni” segreti, tra cui quello di uccidere un uomo. Eppure, come emerso, i racconti del 13enne e del 17enne non combacerebbero e ciascuno dei due si rimpalla le responsabilità reciprocamente. Solo su una cosa i due sarebbero concordi: la noia. L’unico motivo folle per il quale avrebbero deciso di bruciare vivo il povero senzatetto, che loro conoscevano bene poiché già destinatario, in passato, dei loro stessi insulti. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
“L’ABBIAMO FATTO PER NOIA. IL NOSTRO SOGNO? UCCIDERE UN UOMO”
Ciò che ha fatto scalpore il dicembre scorso riguardo l’omicidio di Ahmed Fdil è l’assenza di un movente. Il 64enne di origini marocchine è stato ucciso per la noia. La conferma arriva dall’interrogatorio dei due minorenni accusati di avergli dato fuoco nella sua macchina a Zevio, in provincia di Verona. I dettagli che stanno emergendo sono a dir poco sconcertanti. A riportarli è il Corriere del Veneto. «Siamo andati a Santa Maria perché non avevamo niente da fare – ha raccontato uno dei due ragazzi agli inquirenti – Davamo molto fastidio a quel signore, lo facevamo per noia». Ma a lasciare ancor più basiti sono i messaggi che i due giovanissimi si sono scambiati. «Il tuo sogno l’hai realizzato. Quando eravamo dal kebabbaro cosa mi hai detto? “Ho realizzato il mio sogno di ammazzare una persona”», dice il 17enne all’amico 13enne. Quest’ultimo però nega: «Il mio sogno era ammazzare un gatto».
AHMED, CLOCHARD BRUCIATO VIVO DA DUE MINORI
Non è l’unica incongruenza. Il racconto del 17enne non coincide con quello del 13enne. Quest’ultimo peraltro rovescia le responsabilità dell’omicidio all’amico. «Ricordo benissimo il momento in cui lui ha incendiato la salvietta di carta e l’ha buttata dentro l’auto di Baffo», ha raccontato agli inquirenti. Il pezzo di salvietta che avrebbe incendiato lui avrebbe preso fuoco tra le sue mani: «E non sono riuscito a buttarla dentro». E rilancia: «L’idea è stata sua». Il più giovane dei due ragazzi non ha solo scaricato gran parte delle colpe sull’amico, ma ha anche ammesso: «Davamo molto fastidio a quel signore, lo facevamo per noia». Il 17enne invece racconta una versione differente: «Quella sera ci siamo incontrati per caso e l’idea di incendiare quei pezzi di carta era sua (…) Io ho acceso un pezzo e l’ho lanciato in avanti verso la macchina ma il pezzo che avevo bruciato è caduto a terra, ne sono certo (…) Sono altrettanto certo che il mio amico ha buttato il fazzoletto acceso all’interno dell’auto». In seguito sarebbero tornati verso Zevio e avrebbero sentito le ambulanze. «Poi siamo andati al bar e abbiamo visto alla televisione la notizia. Ci siamo messi d’accordo di non dire nulla».