Dalle intercettazioni finite in mano degli inquirenti insieme alle telecamere è emerso il livello di sfruttamento a scapito di immigrati trattati come schiavi e pagati a 3 euro l’ora. Sono così scattate le manette a carico di due uomini del Trapanese, padre e figlio. Dalle intercettazioni si sente uno dei lavoratori chiedere ai due agricoltori quanto fosse stata la sua paga giornaliera. “Tu quanto tiri? Quanto tiri tu pagare io…”, replica l’agricoltore. “Con mangiare io dare 9 ore trenta euro, va bene? Oh… oggi sei ore… ehhh.. sei ore… 6 per 3 venti euro?”, contratta ancora l’agricoltore. E alla domanda dell’immigrato ribadisce: “30 euro e un panino”. Ma il lavoratore contesta: “Panino non buono, non l’abbiamo mangiato oggi troppo duro”. Gli immigrati vivevano in una sorta di capannone fatiscente, soggetto al massimo livello di degrado, tra gatti e sporcizia nelle campagne di Marsala. Talvolta, come spiega l’agenzia di stampa Ansa, venivano reclutati direttamente nei centri di accoglienza per migranti. CLICCA QUI PER VEDERE IL VIDEO (Aggiornamento di Emanuela Longo)
SI FACEVANO CHIAMARE “PADRONE”
Il dramma del caporalato in Sicilia ha portato a due nuovi arresti in provincia di Trapani, dove è emerso un nuovo caso di schiavitù del terzo millennio. A finire in manette, come riferisce l’agenzia di stampa Ansa, sarebbero due uomini di 68 e 35 anni, rispettivamente padre e figlio di Marsala. Entrambi sono finiti ai domiciliari su ordine del Gip di Marsala con la grave accusa di sfruttamento della manodopera aggravato e in concorso. Secondo le indagini, i due arrestati per lungo tempo hanno sottoposto diversi lavoratori immigrati, clandestini e non, a subire condizioni di degrado e di vera e propria schiavitù. Appena tre euro all’ora per lavorare anche per 12 ore al giorno nelle campagne di Marsala e Mazara del Vallo. Un vero e proprio sfruttamento durante il quale i lavoratori venivano sfamati a pranzo e cena con pane duro e acqua. Oltre all’arresto dei due agricoltori, il giudice ha anche disposto il sequestro preventivo di due vigneti e di un oliveto di loro proprietà, nei quali gli immigrati svolgevano quotidianamente il loro lavoro miseramente pagato.
IMMIGRATI TRATTATI COME SCHIAVI
Lo sfruttamento dei due “caporali” siciliani è stato documentato dagli inquirenti per sei mesi, durante i quali sono emersi anche ulteriori particolari sul modo in cui gli immigrati venivano reclutati e fatti lavorare. Non solo nelle campagne di proprietà dei due arrestati. Questi ultimi, infatti, li mettevano anche a disposizione di altri agricoltori della zona. Ogni mattina erano loro, con le loro auto, a prelevarli da un capannone nelle campagne di Marsala dove vivevano in condizioni igienico-sanitarie drammatiche ed a portarli nei campo dove per l’intera giornata erano impegnati nella raccolta della frutta e della verdure ma anche nella raccolta delle olive e per la vendemmia. I due responsabili sono stati incastrati grazie alle telecamere ed alle intercettazioni dalle quali sarebbero emerse le “contrattazioni” dei due agricoltori su paga oraria, ore di lavoro e cibo con le minacce di essere lasciato a casa nel caso in cui avesse fatto “troppe storie”. Gli stessi immigrati erano costretti a chiamare i due agricoltori “padrone” ed ai lavoratori, ormai ridotti in schiavitù, erano stati assegnati i giorni della settimana.