L’accusa a carico di Claudio Pinti, soprannominato l’untore Hiv ed arrestato nei giorni scorsi, è di lesioni gravissime dolose. A far scattare l’indagine lampo è stata la denuncia della compagna al fine di evitare che altre vittime possano essere ancora all’oscuro del possibile contagio della malattia. Al momento sono in corso le indagini per fare chiarezza sul numero esatto di possibili vittime (l’uomo avrebbe avuto rapporti non protetti con oltre 220 donne e uomini) ma anche sulle circostanze precise che avrebbero portato alla morte dell’ex compagna, stroncata un anno fa dall’Aids. Come spiega Sanitainformazione.it, se dovesse essere confermata la responsabilità di Pinti nel contagio, l’uomo rischierebbe anche l’accusa di omicidio volontario. Lui, intanto, rifiuta di riconoscere l’esistenza della malattia e di curarsi. Al medesimo portale è intervenuto il Presidente della Società Italiana di Psichiatria Bernardo Carpiniello che ha spiegato questo comportamento, alla base del quale «potrebbero esserci meccanismi di minimizzazione o di negazione della malattia». A detta dell’esperto, si tratta di «meccanismi di difesa psicologica che poi si associano a razionalizzazioni di tipo pseudoscientifico che servono alla persona ad autoconvincersi che il problema non esiste. Sostanzialmente sono meccanismi che potrebbero scatenarsi in modo automatico, inconscio e inconsapevole di fronte alla paura e all’angoscia di avere una malattia grave». Questa è solo una chiave interpretativa ma a proposito del negazionismo dimostrato dall’uomo, l’Ansa ha dato la notizia della nascita di uno sportello online sul sito degli Ospedali Riuniti di Ancona per combattere le false informazioni sull’Hiv. Accedendo al sito è possibile vedere subito il mini banner con la scritta “No fake news Hiv”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
DETENUTI CONTRO CLAUDIO PINTI: “TI STACCHIAMO LA TESTA”
La cella nel quale è detenuto l’untore Hiv, Claudio Pinti, arrestato nei giorni scorsi, è la medesima nella quale nei mesi scorsi era detenuto Innocent Oseghale, arrestato per il delitto di Pamela Mastropietro. Quest’ultimo è stato poi trasferito nel carcere di Marino del Tronto, ad Ascoli, dove si trova attualmente. Lo ha riferito il quotidiano Il resto del Carlino. L’uomo accusato di aver avuto rapporti non protetti con oltre 200 donne però, non è stato accolto di buon grado dagli altri detenuti i quali si sarebbero ribellati rivolgendo al 35enne frasi minatorie: “Sei finito”, “appena esci dalla cella ti stacchiamo la testa”. Il suo avvocato difensore, Alessandra Tatò, intanto, ha avanzato la richiesta dei domiciliari. Nel frattempo, come riporta Fanpage, ad Ancona è aumentato il timore di una possibile diffusione del virus Hiv. La preoccupazione delle autorità è massima, sopratutto dopo aver appreso l’ampio numero di donne e probabilmente anche uomini con i quali Pinti avrebbe avuto rapporti negli ultimi anni. Anche per questo era stata diffusa la foto dell’uomo e reso pubblico il numero della questura alla quale sarebbero già arrivate diverse segnalazioni di uomini e donne. Dagli ultimi accertamenti degli inquirenti, pare che l’uomo abbia avuto rapporti sessuali il 3 ed il 5 giugno scorsi. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
AVREBBE IMPEDITO ALL’EX MORTA DI AIDS DI CURARSI
Le accuse a carico del 36enne Claudio Pinti sono di lesioni gravissime e per questo è stato arrestato ieri. Lui appare essere consapevole di essere positivo all’Hiv da almeno undici anni ma, sebbene abbia avuto numerosi rapporti non protetti con almeno 200 donne (e non è escluso che possano esserci anche partner uomini) l'”untore” avrebbe assunto un atteggiamento negazionista nei confronti dell’Aids, negandone l’esistenza. E così alla sua ultima compagna si giustificava dicendo che erano i farmaci ad ammazzare, non la malattia. Secondo quanto emerso e riportato da Fanpage, pare che la stessa donna avesse chiesto in più circostanze spiegazioni a Pinti anche attraverso una serie di disperati messaggi su Whatsapp ai quali lui aveva dato delle parziali ammissioni alternate a netti dinieghi sulla malattia. In una circostanza, il 36enne avrebbe addirittura mandato alla compagna un video selfie in cui inscenava un autoesame con un kit per il prelievo ematico. Alla fine però, è stata la stessa donna a presentare denuncia dicendosi “defraudata della libertà di scelta e ingannata sul suo stato di salute”. Ora, come spiega Corriere.it, il sospetto è che l’uomo possa aver infettato anche la ex moglie, Giovanna Gorini, morta a 32 anni il 24 giugno scorso dopo aver anche lei contratto l’Hiv. Lui le avrebbe impedito di curarsi e nel frattempo frequentava altre donne conosciute online. Alcune potenziali vittime sarebbero già state rintracciate. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
L’INFETTIVOLOGO ALLE VITTIME: “FATE LA PPE”
E’ stato fermato ieri dai carabinieri di Ancona un uomo di 36 anni malato di Hiv che negli ultimi anni ha avuto rapporti non protetti di proposito con ben 228 partner. Stando alle indiscrezioni delle ultime ore, pare che l’untore sia stato con altre donne nei giorni subito precedenti l’arresto, e alcune di loro potrebbero ancora evitare di contrarre il virus. Come spiega Luca Butini, infettivologo dell’Ospedale Regionale di Torrette e presidente di Anlaids Marche, intervistato da Centropagina, è necessario sottoporsi alla Profilassi Post Esposizione, la PPE: «va eseguita il più precocemente e tempestivamente possibile – dice – possibilmente entro le 24 ore dal rapporto non protetto e comunque non oltre le 72 ore». Si tratta di una terapia farmacologica che impiega gli antiretrovirali: «La profilassi standard dura circa trenta giorni, dopo di che viene eseguito il test attraverso un prelievo di sangue che può essere effettuato presso i laboratori analisi degli Ospedali o dei centri privati». Insomma, se una donna ha avuto un rapporto con l’untore, Claudio Pinti, entro le 72 ore a partire da oggi, potrebbeancora evitare di contrarre a sua volta il virus Hiv. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
FORSE INFETTATE 228 DONNE IN 9 ANNI
Positivo al virus Hiv da 9 anni, durante i quali avrebbe avuto rapporti non protetti con più di 200 donne. E’ questa la storia raccapricciante di Claudio Pinti, 36enne camionista che, consapevole di essere malato, ha infettato centinaia di partner non facendo sesso protetto. Ieri è stato arrestato dalla polizia di Ancona che nel contempo ha lanciato un appello a tutte le ragazze che sono state con l’orco di cui sopra. Oggi i colleghi di TgCom24 pubblicano dei particolari ancora più raccapriccianti di questa vicenda, con Pinti che avrebbe confessato alla sua compagna che: «Ero sieropositivo, ma poi ho rifatto gli esami e non è risultato più niente». La ragazza aveva scoperto da un amico che Claudio era infetto dal virus Hiv, e lui aveva replicato con tali parole: «L’HIV non esiste, è una balla: sono i farmaci che ti ammazzano».
L’EX HA DENUNCIATO L’UOMO
La donna, dopo aver appreso la tremenda notizia, ha deciso di sottoporsi ad analisi, scoprendo di essere stata contagiata. Ha quindi deciso di sporgere denuncia, dicendo di sentirsi «Defraudata della libertà di scelta e ingannata sul suo stato di salute». L’ex compagna ha iniziato a frequentare l’uomo a febbraio, poi ad aprile i primi sintomi del virus: inizialmente pensava si trattasse di una semplice influenza (i sintomi sono più o meno simili), ma visto che non passava, ha deciso di sottoporsi ad accurati accertamenti dopo la “soffiata” di cui sopra. L’untore è finito in carcere con l’accusa di lesioni gravissime, e gli inquirenti vogliono cercare di capire se lo stesso soffra di qualche disturbo psichico o se sia stato perfettamente lucido nella sua macabra opera di contagio.