Origini e opere di Sant’Aureliano
Al nome Aureliano viene attribuito lo stesso significato sia dai latini e greci che dagli etruschi: è sinonimo di splendore, bagliore, luminosità, sole, radiosità, fasto, oro. Sant’Aureliano fu nominato vescovo di Arles per merito del re di Borgogna, Childeberto I, il quale chiese a Papa Vigilio, il riconoscimento del titolo di vicario della santa sede e il pallio, una stola di lana d’agnello composta da sei croci nere e da frange che simboleggiava la piena potestà nella propria provincia. Nel 548 Aureliano fondò un monastero ad Arles in onore dei Martiri e degli Apostoli. Nominò come primo abate a capo di questo monastero San Fiorentino che lo governò per circa 6 anni, infatti il suo reliquiario conservato nella chiesa di Sainte-Croix d’Arles è la testimonianza del suo operato. Sempre nello stesso anno fondò un monastero di giovani donne che affidò alla Beata Vergine. Alle religiose era concesso parlare con i loro parenti, inoltre i secolari potevano entrare nella chiesa in quanto dovevano cantare all’interno di un coro da cui non potevano vedere fuori né potevano essere visti. Aureliano prese parte al quinto Concilio di Orléans in cui si riunirono cinquanta vescovi, tra cui nove metropoliti. Il papà Vigilio condannò i Tre capitoli, il cosiddetto scisma dei tre Capitoli, che fu originato dalla condanna di Giustiniano I nel 544 verso alcune proposizioni di vescovi favorevoli al nestorianesimo, eccetto il Concilio di Calcedonia, ma i diaconi della chiesa romana non gli credettero e lo accusarono di aver abbandonato il Concilio di Calcedonia. Aureliano che volle sincerarsi dell’accaduto inviò un suo delegato che si rivelò un traditore. Aureliano morì il 16 giugno del 551 a Lione e fu sepolto nella chiesa di Saint-Nicezio.
Le regole di Sant’Aureliano
Al monastero di San Pietro ad Arles, Sant’Aureliano diede una regola ispirata a quella di san Cesario. Tali regole note per il loro spessore e vigore erano dirette ai monaci e alle monache; furono molto rigorose infatti prevedevano molta dedizione alla preghiera, una vita di completa chiusura al mondo esterno e di rinuncia ai propri beni materiali. Allo stesso modo i beni della chiesa dovevano essere ornati in maniera semplice e umile. Qualora fossero stati donati dai fedeli arredi preziosi, l’abate avrebbe potuto venderli per soddisfare le esigenze del monastero. Inoltre se restavano vesti e alimenti dovevano essere donate ai poveri, agli schiavi e ai pellegrini.