Se Luigi Di Maio si era spinto a parlare di via al reddito di cittadinanza già nel 2018, era stato subito dopo il ministro dell’Economia Giovanni Tria a smorzare gli entusiasmi del capo politico del M5s, lasciando intendere che all’interno della manovra finanziaria di quest’anno non vi erano praticamente più margini. A rincarare la dose c’ha pensato in un’intervista a La Stampa il viceministro all’Economia, la grillina Laura Castelli, confermando che non sarà il 2018 l’anno del redditto di cittadinanza:”Il reddito di cittadinanza è possibile realizzarlo nel corso del 2019. Prossimamente avremo più chiaro esattamente in quale periodo dell’anno, ma partirà l’anno prossimo”. La Castelli ha spiegato:”Il ministro Tria ha ragione: ormai per quest’anno non c’è più spazio per interventi. C’è però la volontà di proseguire nella programmazione pluriennale di quello che c’è nel contratto di governo”. Per il reddito, aggiunge, “è necessaria la riforma dei centri per l’impiego. Su questo si partirà a brevissimo”. Ma la domanda che tanti si pongono è la seguente: dove si troveranno i soldi per sostenere una riforma del genere? La Castelli ostenta sicurezza:”Intanto ci sono spazi consistenti anche all’interno dei Fondi Ue, come il Fondo sociale europeo, che possono integrare la necessità di spesa per il reddito. E all’interno del bilancio dello Stato ci sono molte voci di spesa dove intervenire per realizzare questa e tutte le misure contenute nel nostro contratto di governo”. (agg. di Dario D’Angelo)



REDDITO DI CITTADINANZA, I DUBBI DI COTTARELLI

Il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle durante le ultime elezioni, è troppo generoso. Parola dell’economista Carlo Cottarelli, Premier per qualche ora, nonché direttore dell’Osservatorio conti pubblici dell’università milanese Cattolica. Come sottolineato dal quotidiano Il Sole 24 Ore, è stato effettuato uno studio che ha analizzato il reddito di cittadinanza di 27 paesi differenti, e l’Italia è risultato essere quello che elargirebbe di più, ben 780 euro al mese, cifra che equivale alla soglia di povertà del 2014 (sale a 812 se si analizzassero i dati del 2016). In Francia, ad esempio, il reddito minimo, detto “revenu de solidaritè active” è pari a 530 euro, mentre in Germania scende a 400, con la Gran Bretagna che si abbassa ulteriormente.



IL RISCHIO, E’ SMETTERE DI CERCARE IL LAVORO

«Si tratta di livelli decisamente elevati rispetto agli altri Paesi – commenta Cottarelli – tenendo anche conto dell’elevato debito pubblico italiano». Al di là dell’aspetto economico circa la reperibilità dei fondi per attuare tale costosa manovra, c’è poi il rischio di una seria conseguenza, tanto temuta dalla maggior parte degli addetti ai lavori: che la gente non cerchi più lavoro, godendosi i quasi 800 euro al mese senza nulla fare. Una situazione che potrebbe verificarsi soprattutto al sud, dove 780 euro al mese valgono molto di più che in città ricche del nord come ad esempio Milano. Secondo i detrattori del reddito di cittadinanza, quindi, giusta l’idea dell’introduzione di un sussidio, ma le cifre dovrebbero essere nettamente in ribasso.

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