C’era una volta uno Stato cattolico, ispirato nella Costituzione e nella pratica culturale sociale ai principi più sani e più “comuni” della libertà europa determinata e sviluppata grazie alle radici giudaico-cristiane. Quello era l’Irlanda: bene, oggi non c’è più. O meglio, si assiste ad un “curioso” caso di secolarismo accelerato un po’ per rimanere al passo con il mondo tutto “diritti & social” di oggi e un po’ per provare a scrollarsi di dosso l’etichetta di Stato “cristiano”. Questo non significa che l’introduzione di nuove leggi come l’aborto non più limitato, il matrimonio tra omosessuali e il testamento biologico siano di per sé una condanna diretta per tutti i cattolici irlandesi che “condividono” il nuovo corso secolarizzato e “strizzante l’occhio” alla modernità, ma leggere cosa sostiene un’illustre ex premier come Mary McAleese sul battesimo e sulla chiesa stessa fa certamente impallidire gli stessi avventori e oppositori “storici” al cristianesimo. In un’intervista del 23 giugno all’Irish Times, l’ex presidente d’Irlanda tra il 1997 e il 2011 ha spiegato che il battesimo dei bambini “è una forma di coercizione”, invitando la Chiesa Cattolica a cambiare la sua prassi. Insomma, un ex premier “illuminata” che pretende di insegnare alla Chiesa cosa fare e cosa non fare per essere “più al passo con i tempi” e più vicina alla dittatura del relativismo che tanto Benedetto XVI quanto Francesco denunciano nei loro Magisteri papali.
LA “FEMMINISTA” CHE “BACCHETTA” LA CHIESA
Gli argomenti usati sono sempre gli stessi che da anni avversano e chiedono conto alla Chiesa sul “caso-battesimo”, solo che nel mondo di oggi invece che essere ragionamenti approfonditi, frutto di studi e autentici quesiti posti ai cristiani, vengono “usati” come slogan dagli stessi cattolici (sì, l’ex Premier è quello che più si avvicina al prototipo di “cattolico adulto” in salsa Irish) per sentenziare su quello che meno piace della propria dottrina. Una religione “prêt-à-porter” valida per ogni salotto e per ogni “cultura” a basso costo: «non si possono imporre in realtà obblighi a persone che hanno solo due-tre settimane e non si può dire loro poi da grandi che “si sono iscritti” alla religione cristiana come forma di libertà». I bambini battezzati, sempre secondo la McAleese, «vengono violati dei propri diritti umani. Si fanno arruolamenti del neonato che sono poi tenuti a obblighi di obbedienza per tutta la vita». Da ultimo, l’ex premier femminista che anni fa combatteva fuori dal Vaticano per ottenere “via la misoginia dalla Chiesa!”, aggiunge un’altra stilettata alla chiesa universale riducendo il battesimo come un mero esercizio di diritto/dovere/imposizione.
«Sappiamo tutti che viviamo in tempi in cui abbiamo diritto alla libertà di coscienza, alla libertà di credo, alla libertà di opinione, alla libertà di religione e alla libertà di cambiare religione. La Chiesa cattolica deve ancora abbracciare pienamente questo pensiero». Se però, invece che concentrarsi su cosa poter insegnare alla Chiesa, si fosse presa il tempo di approfondire un attimino (5 minuti su Google, neanche tanto Mary, che ne dici?) avrebbe scoperto che la dimensione del “dovere” non è affatto inserita nella concezione cristiana del battesimo. «È giusto battezzare i neonati o si dovrebbe aspettare che divenuti adulti essi chiedano consapevolmente di diventare cristiani? Il Battesimo si riceve perchè nessuno è capace di rendersi figlio da sé: è un dono che viene conferito gratuitamente, proprio come la vita che riceviamo». Lo spiegava in una Udienza Generale Papa Benedetto XVI nel 2013, non nel tanto vituperato (spesso a caso) “Medioevo”. Quella stessa gratuità che è stata data anche alla stessa ex premier che si professa (o dice di esserlo) figlia di Cristo.