Non voleva un futuro come tante sue coetanee del Pakistan: non voleva sposarsi con uno sconosciuto solo perché “promesso” dalla famiglia e aveva iniziato a frequentare un ragazzo a Bologna, doveva viveva da anni con la famiglia. E alla fine viene maltrattata, presa a botte, picchiata a sangue e vessata dai suoi stessi familiari: avviene tutto nel capoluogo emiliano, dopo che la ragazza – di cui l’Ansa ancora non dà notizia del nome – ha “semplicemente” rifiutato di voler tornare in Pakistan per le nozze combinate, pratica diffusa nella mentalità e tradizione della famiglia islamica pachistana. Più grande di lei di diversi anni e mai visto in vita sua: la 18enne si è tirata indietro ma per questo è stata punita e vessata dalla madre e dai fratelli, ora indagati e sentiti dalla Procura di Bologna dopo la denuncia per maltrattamenti e lesioni arrivata sul tavolo del procuratore Valter Giovannini. Pare che tutto abbia inizio con un intervento della Polizia qualche giorno fa vicino alla stazione di Corticella: una lite tra la madre, un fratello e la stessa ragazza è finita ben oltre la “normalità”, tanto che qualcuno ha chiamato il 113 per sicurezza.
I CASI “SIMILI” DAL PAKISTAN
«Secondo quanto ricostruito in seguito dagli agenti lei era fuggita di casa non potendone più delle vessazioni, iniziate quando, a causa di alcune foto su un cellulare, era stata scoperta la relazione. La giovane, ora in una struttura protetta, sarebbe stata picchiata, con un bastone e uno dei fratelli l’avrebbe ferita alle braccia con un coltello, minacciandola di morte», spiega l’Ansa con le inquietanti novità del caso bolognese, solo l’ultimo di una lunga serie che già in questo 2018 hanno risvegliato i riflettori della cronaca sul Pakistan e le sue “pratiche” familiari. In principio fu Sana Cheema, sgozzata a 25 anni dal padre e dal fratello a Brescia per il semplice fatto che voleva sposarsi un ragazzo coetaneo italiano conosciuto nei tanti anni passati nel nostro Paese. Un caso che tra l’altro ricordava da molto vicino l’orrore di Hina Saleem, altra pachistana uccisa dal padre e sepolta in giardino nel 2006: poi a maggio esplose anche il caso di Farah, 19enne richiamata con l’inganno in Pakistan e fatta abortire dalla famiglia perché il padre era un ragazzo italiano, un disonore per i genitori. In questo caso, come per la ragazza di Bologna, le denunce e il ritorno in Italia hanno permesso di salvare la vita delle giovanissime ragazze che ora però si ritrovano senza famiglia e con il terrore di essere sempre minacciate per le loro semplici e libere esistenze ancora tutte da vivere.