Carlo Sama, “il suicidio di Raul Gardini un sacrilegio”: lunga intervista ai microfoni del Corriere della Sera del protagonista del processo Enimont. Inchiodato dal pubblico ministero Antonio Di Pietro per il pagamento della “madre di tutte le tangenti”, Sama ora vive facendo la spola tra Montecarlo e il Sudamerica. Una nuova vita dopo la riabilitazione del tribunale di sorveglianza di Bologna, ma nel corso dell’intervista ai microfoni del quotidiano di via Solferino non potevano mancare le domande sul “tradimento” nei confronti del cognato Raul Gardini: “Tra la mia famiglia e Gardini, scelsi la mia famiglia”, evidenziando che “quello che nessuno sa, è che l’anno dopo ritornammo a parlarci”. Ciò risale al 1991, due anni prima del suicidio di Gardini a Milano: un episodio legato all’esplosione dell’inchiesta giudiziaria di Mani Pulite che tocca anche la vicenda Enimont e all’esplosione dellla crisi finanziaria del gruppo Ferruzzi-Montedison, troppo indebitato. Scosso dal suicidio del rivale Cagliari, Gardini decise di farla finita, ben conscio che gli inquirenti erano sulle sue tracce…



CARLO SAMA SUL SUICIDIO DEL COGNATO GARDINI

Carlo Sama ha parlato del cognato suicida, ecco le sue parole: “Straordinario. Aveva una visione così chiara del mercato che si dimenticava dei tempi. Voleva che le cose fossero fatte per ieri. Fu il primo a parlare di auto elettrica, biomasse, energie alternative. Il mondo era il nostro giardino di casa. Fosse ancora vivo, oggi costringerebbe l’Italia a ridiscutere Maastricht, le quote, tutto”. L’imprenditore ha poi provato a spiegare perchè decise di farla finita: Non certo per disonore: non aveva fatto nulla. Temeva di finire come Gabriele Cagliari, 134 giorni nel canile. Quando il presidente dell’Eni si suicidò in cella, Raul mi telefonò: “È morto da eroe”. Pensava solo a quello, all’arresto. Di Pietro lo teneva sulla graticola. Non si lavora una vita per finire in ginocchio da chi ti accusa”. Infine, una battuta sulla sua vita attuale: “Mi sarebbe piaciuto cimentarmi nello sport, come mi aveva consigliato Bettino Craxi, magari alla presidenza del Coni. Invece sono rimasto fedele all’antico amore: la terra. Mi occupo di Agropeco, 12.000 ettari fra Paraguay e Brasile, vicino alle cascate dell’Iguazú, e di Las Cabezas, 18.000 ettari a Entre Rios, in Argentina. Produco dalla soia all’eucalipto. E allevo 12.000 capi di bestiame razza Hereford. Ho brevettato un mangime contenente il 5 per cento di stevia, un’erba dolcificante che funge da antibiotico naturale. In campagna rido da solo, come i matti”.

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