La sentenza della terza sezione penale della Cassazione che ha negato l’aggravante a chi si rende protagonista di stupro nel caso in cui la vittima si sia ubriacata ha portato ad una serie di reazioni nel mondo politico in aperta opposizione rispetto alle deduzioni dei togati. Non solo il Pd, che ha parlato di “passo indietro di decenni”, anche Forza Italia attacca questa sentenza attraverso la deputata Annagrazia Calabria. Come riportato dall’Agi, la leader di Forza Italia Giovani ha dichiarato:”Lascia sconcertati la decisione della Cassazione di negare l’aggravante nel caso in cui la vittima di uno stupro abbia abusato di alcool. Far passare anche solo lontanamente l’idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora pià dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo quale è lo stupro”. (agg. di Dario D’Angelo)
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA
Sta facendo molto discutere la sentenza della terza sezione penale della Cassazione che ha deciso di non riconoscere l’aggravante per violenza sessuale di gruppo se la vittima dello stupro si è ubriacata volontariamente e dunque consapevolmente. Ma quali sono le motivazioni che hanno portato i giudici ad assumere questa decisione? I togati nella sentenza pur riconoscendo come “abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica, la condotta di coloro che inducano la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione di bevande alcooliche”, come riporta l’Agi escludono la sussistenza dell’aggravante poiché “la norma prevede l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti (o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa)”. In questo senso, dunque, l’uso delle sostanze alcoliche secondo i giudici “deve essere quindi necessariamente strumentale alla violenza sessuale, ovvero deve essere il soggetto attivo del reato che usa l’alcool per la violenza, somministrandolo alla vittima; invece l’uso volontario, incide si’, come visto, sulla valutazione del valido consenso, ma non anche sulla sussistenza dell’aggravante”. (agg. di Dario D’Angelo)
PD, “SENTENZA CI PORTA INDIETRO DI DECENNI”
Arrivano anche le reazioni della politica alla sentenza delle terza sezione penale della Cassazione che ha stabilito come non possa essere contestata l’aggravante di “aver commesso il fatto con l’uso di sostanze alcoliche” a chi venga condannato per uno stupro di gruppo nel caso in cui la vittima risulti ubriaca per sua volontà. Sdegno viene espresso dal Pd per bocca di Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico, che spiega:”Sul corpo e sulla vita delle donne la cultura, soprattutto quella giuridica, non avanza di un passo, anzi. La sentenza della Cassazione ci porta in dietro di decenni”. La Rotta cita dei casi che fecero “giurisprudenza”:”Era il 1999 quando i giudici della Corte di Cassazione sentenziavano che se la vittima porta i jeans non può essere stupro, poi nel 2006 riconoscevano le attenuanti per la ‘minore gravità del fatto’ perché la ragazza di 14 anni violentata dal patrigno non era più ‘illibata’. Oggi come allora si trovano attenuanti, come l’aver bevuto volontariamente, a un reato tanto odioso quanto grave. È una sentenza che rischia di vanificare anni di battaglie”. (agg. di Dario D’Angelo)
UN PRECEDENTE PERICOLOSO?
La sentenza della cassazione rischia di fatto di creare precedenti sul ruolo del “soggetto attivo” del reato in caso di stupro di una persona ubriaca. Si tratta di stabilire se l’abuso di alcol sia stato volontario, e in questo caso la sentenza della Cassazione ha fatto venire meno le aggravanti, oppure se sia stato appunto il “soggetto attivo”, lo stupratore, a somministrare l’alcol, forzatamente o con l’inganno, rendendo così di fatto la vittima incapace di intendere e di volere. Nei casi di violenza sessuale, questo potrebbe però portare a una serie di dubbi e ricerca di testimonianze su dinamiche nelle quali la violenza sessuale era comunque accertata, a prescindere se l’ubriacatura fosse stata volontaria o indotta. Perplessità destinate a far discutere a lungo, vista la delicatezza della materia. (agg. di Fabio Belli)
RINVIATA SENTENZA APPELLO
Sta già facendo discutere la sentenza della Cassazione sul caso di una giovane donna violentata da due 50enni. La Suprema Corte ha riconosciuto il reato di stupro di gruppo, ma ha escluso l’aggravante perché aveva bevuto troppo, «volontariamente», fino a «non riuscire ad autodeterminarsi». Per il riconoscimento dell’aggravante «deve essere il soggetto attivo del reato» ad usare l’alcol per la violenza «somministrandola alla vittima». Questa la motivazione con cui la terza sezione penale ha rinviato una sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ha condannato i due uomini a tre anni, per una modifica della pena «al ribasso». In sostanza, la Cassazione sostiene che, nel caso di uno stupro, se la vittima è ubriaca dopo aver assunto volontariamente alcol, alla pena non può essere aggiunta l’aggravante per uso di sostanze alcoliche o stupefacenti. La vittima della violenza sessuale era andata a cena con i due uomini. La donna aveva bevuto, dopo la cena le violenze. E quando è andata al pronto soccorso aveva descritto confusamente quanto accaduto.
CASSAZIONE: SE LA VITTIMA SI UBRIACA, STUPRO SENZA AGGRAVANTE
I due uomini erano stati assolti in primo grado dal gp di Brescia, nel 2011, perché la donna non era stata riconosciuta attendibile. La Corte d’Appello di Torino, nel gennaio 2017, ha invece valutato il referto del pronto soccorso, che evidenziava leggeri segni di resistenza, e ha condannato i due uomini a tre anni. La difesa è quindi ricorsa in Cassazione puntando su quanto concluso dal primo giudice e sostenendo che non c’era stata violenza né riduzione ad uno stato di inferiorità perché la giovane donna aveva bevuto volontariamente. La Cassazione invece ha precisato che la violenza c’è stata ma che la vittima ha assunto alcol volontariamente. Gli Ermellini hanno aggiunto che «l’assunzione volontaria di alcol esclude la sussistenza dell’aggravante» e il relativo aumento di pena, perché «deve essere il soggetto attivo del reato» ad usare l’alcol per la violenza «somministrandola alla vittima». Di conseguenza, «l’uso volontario, incide sì sulla valutazione del valido consenso ma non anche sulla sussistenza aggravante».