Dal Nicaragua nuove tragiche notizie di persecuzione. Le forze di polizia hanno circondato e attaccato degli studenti universitari costringendoli a rifugiarsi in una chiesa di Managua. Il cardinale nicaraguense, monsignor Leopoldo Brenes, che ha guidato l’evacuazione dei ragazzi dalla Chiesa, ha confermato la morte di due giovani e il ferimento di altri due. In questo modo sono arrivati a trecento i morti dall’inizio delle proteste.
Forse i ragazzi pensavano che, come nell’antichità, gli oppressori si sarebbero fermati almeno di fronte ad una Chiesa, ed invece dei testimoni hanno raccontato che i morti sarebbero potuti essere molti di più dal momento che, per ben due volte, le forze di polizia hanno tentato di incendiare la Chiesa non trovando freno neppure di fronte alle statue della Madonna che una caldissima devozione popolare venera come si può fare solo a quelle latitudini.
La notizia mi fa orrore e non solo perché sono prete e cristiano. Sono, ancor prima, uomo, e so che il senso religioso dovrebbe essere antecedente a qualsiasi credo. Il senso del sacro è quel senso del mistero di Dio e quindi del mistero dell’uomo, per cui perfino nelle civiltà primitive, una riga tracciata per terra a definire il recinto sacro del tempio bastava perché quello spazio sacro divenisse inviolabile ed insormontabile molto più di un muro di cemento armato spesso due metri e alto venti. Il senso del sacro che va racchiuso nello spazio sacro di una Chiesa è quel senso di mistero che induce a fermarsi e a chiedersi il senso delle cose, il calore della vita. Chi descrive l’inviolabilità degli spazi sacri nel Medio Evo solo in termini di potere politico nulla sa della forza inimmaginabile del senso religioso, del mistero, che alberga nel cuore di ogni uomo.
Quando si perde questo, quando, a causa della violenza, della dittatura, si perde il senso del sacro delle chiese, si perde semplicemente l’umanità. Né più né meno.
Il fatto poi che la Chiesa locale debba urlare al mondo, inascoltata, per esigere attenzione e rispetto sulla tragica situazione di persecuzione e di violenza in atto nel paese, mi fa pensare con amarezza alle polemiche provinciali e clericali di casa nostra, ai cattolici pro e contro il Papa, alle beghe che si scatenano tra relativisti o supposti tali e fondamentalisti o etichettati come tali. Sì, penso con nostalgia alla vitalità del cristianesimo delle missioni, a quello della vita.
Una vicenda così, come quella di Managua, terminata col sangue di due giovani studenti, spinge a convincerci di nuovo che religiosità e cultura non siano affatto opposti. Anzi, quando c’è vera libertà, lo spirito speculativo e l’interrogarsi sul senso ultimo delle cose vanno a braccetto, come vuole la tradizione cristiana più antica: intelligo ut credam, credo ut intelligam. Una relazione biunivoca di diversi carismi che possiamo vedere riuniti, se siamo credenti, in Maria: Colei che custodiva le cose nel cuore, mentre con atto di volontà e razionalità da donna libera e forte, custodiva anche in sé la Parola incarnata.