Sono stati condannati, come ampiamente previsto, i due fratelli Occhionero – 5 anni a Giulio, 4 anni alla sorella Francesca Maria – per il processo a Roma sul caso cyberspionaggio: si è concluso dunque con la condanna il procedimento in Primo Grado contro i fratelli accusati di aver avuto accesso completamente abusivo ai sistemi informatici di importanti strutture politiche, culturali ed economiche del nostro Paese. l giudice del tribunale di Roma Antonella Bencivinni ha condannato l’ingegnere nucleare Giulio Occhionero a 5 anni di reclusione e la sorella Francesca Maria a 4 anni per «accesso abusivo a un sistema informatico»: in poche parole, per aver abusato nell’accesso di caselle di posta elettronica, personali e istituzionali, appartenenti a «professionisti del settore giuridico-economico, a esponenti della politica o riconducibili ad enti pubblici». Una sentenza giunta dopo una sola ora di camera di consiglio riunita per i giudizi romani: condanna ridotta però rispetto alla richiesta del pm Altamente che aveva sollecitate 9 e 7 anni di reclusione per i fratelli Occhionero.



ACCESSO ABUSIVO A PD, PARLAMENTO E BANKITALIA

Come confermato all’interno del lungo processo contro i due fratelli imputati, tra i pc presi di mira dai due “misteriosi” cyberspioni – anche perché ancora non è stato chiarito per conto di chi avrebbero fatto/venduto i dati rubati – ci sono elementi di assoluto primo piano: Camera, Senato, i ministeri di Giustizia ed Esteri, ma anche la sede del Partito Democratico, di Finmeccanica e addirittura anche Bankitalia. Tutte strutture con stratificate codici di protezione e privacy superati, non sempre, dall’attività di cyberspionaggio degli Occhionero. Secondo i pm, i fratelli avrebbero anche tentato di violare anche le mail dell’ex presedente del consiglio Matteo Renzi, del presidente della Bce Mario Draghi e dell’ex premier Mario Monti. Stando all’accusa, confermata dalla condanna, «all’ingegnere nucleare Giulio Occhionero spetta la responsabilità di aver concepito, pianificato e alimentato dal 2001 un sistema per l’acquisizione di un numero enorme di dati». Sarebbe stata creata dai fratelli condannati una rete “botnet”, una modalità assai funzionale nel cyberspionaggio industriale: «grazie all’utilizzo di un virus, che entrava nei computer da colpire attraverso un messaggio email, è riuscito ad immagazzinare su alcuni server negli Stati Uniti dati, password e messaggi», spiega Repubblica.

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