C’era anche Giovanni Cucchi, il papà di Stefano, in aula quest’oggi presso il tribunale di Roma, per il processo bis dopo la morte del figlio in circostanze sospette. Ecco alcune delle parole del padre, come riporta Askanews: «Quel giovedì in cui ci hanno chiamato per dirci che era morto è stato uno shock. A quel punto ho gridato, ho fatto di tutto. E mi chiedo sempre come è possibile che un ragazzo muoia in quel modo nell’ambito dello Stato?». Quindi Giovanni ricorda il momento in cui lo portarono assieme alla moglie all’obitorio, per vedere il corpo del figlio: «Quando l’ho visto, all’obitorio, non sembrava Stefano – ha raccontato davanti ai giudici – ma un marine morto in Vietnam con il napalm». Giovanni racconta anche le parole che gli disse il figlio, in uno dei rari momenti in cui riuscì a vederlo dopo l’arresto: «‘Ma non l’hai capito che mi hanno incastrato?’ Ero disperato». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
RIPRESO IL PROCESSO PER LA MORTE DI STEFANO CUCCHI
E’ ripreso quest’oggi il processo ai 5 carabinieri accusati di aver ucciso il povero Stefano Cucchi, lo scorso 22 ottobre del 2009. Ascoltata in aula dalla Corte d’assise la sorella Ilaria, che da anni ormai si batte per ottenere giustizia: «Non posso dimenticare le urla disperate dei miei genitori all’obitorio quando ebbero la possibilità di vedere il cadavere del figlio – ha ricordato quest’oggi – piangevano, li sentii gridare ‘Dio mio, che ti hanno fatto’. Io non avrei voluto vederlo, preferivo ricordarlo con il suo sorriso. Ma poi ho ceduto e ho visto una scena pietosa: un corpo irriconoscibile, non sembrava neppure Stefano». Cucchi morì all’ospedale Sandro Pertini di Roma, sei giorni dopo essere stato arrestato per possesso di droga dai carabinieri.
“ERA IRRICONISCIBILE”
«Aveva il volto tumefatto – prosegue Ilaria – un occhio fuori dall’orbita, la mascella rotta, l’espressione del volto segnato dalla sofferenza e solitudine nella quale era morto». Quella di oggi è la 74esima udienza di un processo praticamente infinito, che sembrava essere stato “archiviato”, per poi venire riaperto grazie a nuove prove e a nuove testimonianze. La procura accusa cinque carabinieri di aver massacrato di botte il 31enne geometra, e in aula vi era solo uno degli imputati, il maresciallo Roberto Mandolini, comandante all’epoca della stazione di via Appia. «Si diceva che era morto di suo, che erano stati gli agenti di polizia penitenziaria a picchiarlo. E tutto questo per colpa di una persona che è presente in aula», ha aggiunto e concluso Ilaria, guardando per qualche secondo proprio il comandante, accusato di falso e di calunnia.