La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia in merito all’assassinio di Anna Politkovskaja, giornalista scomparsa 12 anni fa, il 7 ottobre del 2006. La nazione dell’est europa viene accusata di non aver svolto indagini appropriate per identificare i mandanti. «Lo Stato russo – si legge nella sentenza – ha mancato agli obblighi relativi alla effettività e alla durata delle indagini», violando così la convenzione europea dei diritti dell’uomo. Vennero individuati coloro che commisero l’omicidio, ma non i mandanti, che sono a tutt’oggi impuniti: «Non hanno attuato adeguate misure investigative – prosegue la Corte – per identificare i mandanti dell’omicidio».
“NON PRESO IN CONSIDERAZIONE IL COINVOLGIMENTO DELL’FSB”
Significativo il passaggio in cui si tirano in causa i servizi segreti russi. Gli inquirenti si concentrarono su un uomo d’affari ora deceduto, ma avrebbero dovuto «studiare altre ipotesi – prosegue la sentenza – comprese quelle secondo cui sono stati coinvolti gli agenti del Fsb, i servizi segreti russi, o l’amministrazione della Repubblica cecena». La Politkovskaja sapeva di essere in pericolo prima di morire, e già a dicembre del 2005, praticamente un anno prima del suo assassinio, lo aveva confessato in occasione di una conferenza sulla libertà di stampa tenutasi a Vienna: «Certe volte le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano – diceva – infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare».